Precariato e intelligenza artificiale, la grande sfida da contrattare

Eliana Como ha concluso l’assemblea del 7 giugno a Padova: “La tecnologia può rendere meno fallibile la mano di un chirurgo, ma va impedito lo sviluppo di ulteriore divario nella società”

“Ci sono processi di cambiamento già ampiamente in corso e il rischio è che siano governati interamente, in modo non democratico, dai grandi player del mercato del web”. Così Eliana Como, Portavoce nazionale dell’area di minoranza CGIL “Le Radici del Sindacato”, concludendo l’assemblea “Precariare stanca” (svoltasi a Padova il 7 giugno scorso) e commendando “il mastodontico mercato” che si sta aprendo” a proposito dell’Intelligenza Artificiale (AI). Mercato sul quale l’interesse delle multinazionali e delle grandi potenze imperialiste è evidente.

“Non vogliamo ritrovarci a subire e ad inseguire affannosamente il cambiamento – ha osservato Eliana Como – bisogna attrezzarsi a conoscere e capire questi cambiamenti che prefigurano una nuova rivoluzione industriale, anche, credo, superando la dicotomia semplicistica tra la visione apocalittica da una parte e ottimistico-paradisiaca dall’altra”.

Nella riflessione della Portavoce de “Le Radici del Sindacato” si sottolinea che i processi di innovazione tecnologica non sono ineluttabili e, soprattutto in relazione al divenire del mondo del lavoro, il tema non è fermarli, soprattutto laddove sono già in atto, ma contrattarli e governarli in modo da contrastare i danni più pericolosi, redistribuire la ricchezza prodotta e orientare lo sviluppo tecnologico verso il bene comune e non soltanto l’interesse di pochissimi. Nello stesso modo, un fisico disse a chi scrive che le radiazioni hanno effetti potenzialmente micidiali, ma se usate bene portano grandi vantaggi all’umanità, pensiamo ad esempio alle radiografie. Come a dire: dipende dall’uso che si fa delle tecnologie e da chi se ne avvantaggia.

Un concetto, quest’ultimo ripreso da Como nelle sue conclusioni: “Se l’intelligenza artificiale può rendere meno fallibile la mano di un chirurgo, come impedire ulteriori divari tra la parte povera e ricca del mondo e all’interno della nostra società? Goldman Sachs prevede nei prossimi 10 anni un aumento del 7% del pil annuo grazie a questa innovazione: a chi andranno questi profitti?”.

Ed entrando nel merito delle specificità che riguarderanno il mondo del lavoro, “sempre Goldman Sachs ci ha spiegato che almeno il 7% dell’occupazione verrà del tutto sostituita dall’AI, mentre il 30% che non subirà alcun cambiamento a fronte del 63% che subirà invece mutamenti importanti nel proprio modo di lavorare”. Dunque, ha proseguito Eliana Como, “occorre interrogarsi a fondo non soltanto sugli effetti negativi, già più o meno noti, di chi lavora sulle piattaforme digitali e non soltanto su chi per effetto della AI perderà il lavoro e ma anche, nell’ambito del lavoro più tradizionale, sul rischio di dequalificazione del lavoro per effetto della AI, di intensificazione dei ritmi, di controllo pervasivo della prestazione”. Grazie ai maggiori profitti, viene da chiedersi, sarà possibile ridurre l’orario di lavoro e redistribuirlo? O pensare ad agevolazioni pensionistiche? Come si contratta, poi, il plusvalore prodotto dalla enorme mole di dati che realizziamo in ogni aspetto della nostra vita quotidiana, lavoro compreso, oggi a esclusivo vantaggio delle multinazionali del cosiddetto “capitalismo della sorveglianza?” Sindacato e politica sono chiamati da subito a un impegno che sa di scommessa storica.

Un’ultima riflessione. A fine Settecento, fece scalpore la macchina, in cui un automa vestito da turco giocava a scacchi, e spesso vinceva. Uno sportello si apriva e rivelava un complesso marchingegno. In realtà, l’automa era manovrato da un nano nascosto nel doppiofondo, abile scacchista. E quando il campione mondiale Kasparov fu battuto dal supercomputer deep blue, primo grande esempio di AI, qualcuno disse saggiamente che non fu battuto dal computer, ma dai suoi programmatori. Anche Eliana Como, nelle sue conclusioni, ha ricordato HAL 9000, il computer di bordo della navicella di 2001, Odissea nello spazio, prefigurazione quasi onirica nel 1968, quando fu realizzato il film, ma praticamente realtà, se si pensa alla AI generativa di oggi e a quello che in breve tempo può diventare ChatGPT: alla fine, quando HAL 9000, dopo aver sbagliato, si ribella all’uomo, viene disinnescato dall’astronauta e, algoritmo dopo algoritmo, in una scena topica, il computer viene spento. Dietro la macchina, c’è sempre un essere umano: occorre fare in modo che abbia sempre il primo posto e che i vantaggi prodotti dall’innovazione tecnologia siano a vantaggio di tutta l’umanità e non soltanto dei pochissimi padroni mondiali del web.

Dav. Vas.

Pubblicato il 26 Giugno 2024