Funzioni centrali: che firma divisiva

Contratto collettivo per il comparto dei Ministeri: una grave spaccatura che colpisce i lavoratori. Adriano Sgrò: “Lo sciopero del 29 novembre è un’occasione fondamentale per farci sentire”

Lo scorso 6 di novembre è stato sottoscritto il nuovo Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (CCNL) per il comparto delle Funzioni Centrali, firmato da Cisl e alcune sigle sindacali autonome, ma non da tutte le organizzazioni rappresentative. Questo accordo, che avrebbe dovuto migliorare le condizioni di chi lavora negli uffici ministeriali e delle Amministrazioni centrali (INPS, INAIL, Agenzie fiscali) ha invece accentuato la divisione tra le sigle sindacali, e sta alimentando critiche e scontento tra i lavoratori. Questo risultato non è casuale, ma il frutto di un chiaro disegno governativo per indebolire le istanze sindacali e ridurre l’unità del fronte sindacale.

Aumenti inadeguati di fronte a un’inflazione galoppante

Il nuovo contratto prevede un aumento salariale del 5,78%, una cifra che appare a dir poco irrisoria rispetto all’attuale livello d’inflazione, che ha superato il 16%. Questo significa che, in termini reali, il potere d’acquisto dei lavoratori non solo non migliora, ma continua a ridursi drasticamente. In un momento storico in cui il costo della vita è in costante aumento, con beni di prima necessità e bollette alle stelle, un simile aumento appare offensivo, insufficiente a coprire anche solo una parte delle spese quotidiane. Da ricordare che il contratto è scaduto da quasi tre anni.

Settimana corta: una promessa disattesa

Tra le novità presentate, vi è la possibilità della settimana lavorativa di quattro giorni, con un orario settimanale comunque di 36 ore e che per chi ha carichi familiari o vive lontano dal posto di lavoro rappresenta una novità del tutto inutile. Tuttavia, questa opzione si rivela del tutto insufficiente: è semplicemente inaccessibile a molti lavoratori che, anche in presenza delle giuste condizioni, trovano irrealizzabile questa riduzione di giorni. Si tratta di una misura che, anziché agevolare realmente la conciliazione tra vita privata e lavoro, risulta applicabile solo a una ristretta minoranza. Cosa diversa sarebbe stata la riduzione a 30/32 ore settimanali a parità di salario e che le amministrazioni potrebbero consentire anche recuperando risorse dalla riduzione delle prestazioni straordinarie.

Il ticket mensa in smart working: un’elemosina, non un riconoscimento

Il contratto prevede un ticket mensa per i giorni di lavoro in modalità agile, ma si tratta di un beneficio simbolico, quasi irrilevante. A fronte del risparmio che lo smart working rappresenta per l’amministrazione, il riconoscimento economico per chi lavora da casa è minimo, segno di un approccio che non valorizza né incentiva realmente questa modalità di lavoro, che ha invece dimostrato di essere un vantaggio sia per i lavoratori che per l’efficienza generale.

Nessuna soluzione per riqualificazioni e nuovi profili professionali

Un altro punto dolente del nuovo contratto è l’assenza di soluzioni concrete per le riqualificazioni interne, ossia per quei dipendenti anziani che, pur non possedendo i titoli di studio necessari, meriterebbero un avanzamento di carriera in virtù dell’esperienza accumulata. Inoltre, il contratto ignora completamente la necessità di creare nuovi profili professionali, legati alle innovazioni tecnologiche e alle sfide attuali. Questo immobilismo è estremamente penalizzante in un contesto che, al contrario, richiede una continua evoluzione e una preparazione sempre più specifica.

L’age management in luogo del rinfoltimento delle dotazioni organiche

Dietro l’introduzione di un nuovo istituto che dovrebbe creare un nuovo processo intergenerazionale si cela la permanenza in servizio di personale anziano che, con la scusa di avviare progetti formativi per i pochi neo assunti, resta ancora al lavoro impedendo una reale fluidificazione del turn over.

La firma senza referendum è una violazione del principio democratico

La sottoscrizione del contratto senza consultare i lavoratori attraverso un referendum rappresenta un atto antidemocratico. I lavoratori hanno diritto a esprimersi su un accordo che inciderà direttamente sulle loro condizioni di vita e di lavoro. Firmare senza coinvolgere la base significa ridurre i sindacati a semplici organi di ratifica, privandoli della loro funzione di rappresentanza diretta.

Tagli alle assunzioni: il Governo sottrae futuro ai ministeri

Il contratto viene sottoscritto in un contesto in cui la legge di bilancio ha previsto tagli consistenti alle assunzioni, aggravando la situazione nei ministeri. Meno assunzioni significano un aumento del carico di lavoro per i dipendenti attuali e una progressiva perdita di competenze nei settori chiave dell’amministrazione pubblica. Questo processo di indebolimento rischia di rendere i ministeri sempre meno efficienti, a discapito non solo dei lavoratori, ma anche dei cittadini.

È il momento di lottare: appuntamento allo sciopero del 29 novembre

Di fronte a questa situazione, è indispensabile una risposta collettiva e compatta. Il prossimo 29 novembre, è indetto uno sciopero: un’occasione fondamentale per far sentire la voce dei lavoratori, per dire no a un contratto che penalizza le condizioni di lavoro e per rivendicare aumenti salariali reali e misure di tutela più concrete. A tutti i lavoratori e le lavoratrici, l’appello è chiaro: bocciamo questo contratto e lottiamo per ottenere condizioni dignitose e in linea con le necessità del momento. Solo attraverso la mobilitazione possiamo sperare di costruire un futuro migliore per tutti.

Adriano Sgrò

Pubblicato il 13 Novembre 2024