Nicolosi: “La sinistra riparta da diritti e lavoro”
I compagni e le compagne di ‘Democrazia e Lavoro’ continuano la tradizione di riportare la sinistra sindacale a Cinisi per ricordare la tragedia di Peppino. Domenico Bonometti ha partecipato più volte a queste iniziative e tanti ricordi mi legano a lui, avendo trascorso 40 anni di lavoro e vita in comune, nella politica e nel sociale. Domenico non era soltanto un sindacalista, era un militante capace e umile, impegnato instancabilmente per cambiare lo “stato di cose”. Tenere assieme il politico e il sociale è la caratteristica di chi milita a sinistra e ricordare Domenico ci permette di focalizzare il bisogno di confrontarsi su come essere militanti nella contemporaneità, mentre oggi la “militanza” è considerata un elemento spurio e non già un valore.
Negli ultimi 40 anni si è riaffermata la cultura neoliberista, con il deperimento delle sicurezze e delle ragioni che hanno rappresentato il nostro impegno, in un mondo progressivamente cambiato sotto i nostri occhi. Oggi appariamo come extraterrestri e ricordare Domenico ci accompagna anche nel percorso di recupero della militanza a partire dai contenuti.
La crisi della rappresentanza è profonda, nella politica e nel sindacato. Come movimento sindacale viviamo una difficoltà reale, non riuscendo ad incidere sulle scelte politiche: molte delle nostre lotte non si sono tramutate in provvedimenti a favore dei lavoratori, con conseguente disillusione nel nostro popolo. Nella Pubblica Amministrazione si è posto un freno a questa deriva grazie ai percorsi democratici, a suffragio universale, per l’elezione delle RSU; e dobbiamo rimarcare i grandi risultati che, nella recentissima tornata elettorale, hanno premiato compagne e compagni di ‘Democrazia e Lavoro’. I grandi consensi ottenuti ad esempio da Patrizia Frisoli, da Micol Tuzi o da Saverio Cipriano hanno confermato che, quando vengono rappresentati bene i lavoratori, loro ripagano gli sforzi profusi; e, nel contempo, chi fa sindacato dimostra di poter riproporre un forte nesso tra azione sociale e politica.
Altrove, invece, nella politica e nella società, la crisi della rappresentanza è straordinaria. Nello scorso Parlamento, su 953 parlamentari si contavano 8 operai, 47 insegnanti, 47 giornalisti, 105 avvocati, 114 liberi professionisti, 118 dirigenti pubblici e 241 imprenditori. Un parlamento del genere che livello di rappresentanza degli interessi generali può proporre? Ecco allora che la militanza politica deve ritrovare voce, per riproporre il problema della rappresentanza dei ceti deboli, con la speranza di poter riportare in Parlamento il mondo del lavoro.
Abbiamo subìto la disgrazia, negli ultimi decenni – una disgrazia non certo casuale – di subire una frattura nel rapporto tra politica e azione sociale, che ha determinato guasti enormi: ad esempio il Job’s Act, varato da un governo costituito dai rappresentanti del sedicente ex partito dei lavoratori di un tempo, che ha cancellato diritti, creando un sistema del mercato del lavoro basato sul precariato. Fortunatamente, quel governo fu sconfitto almeno sul referendum sulla modifica della Costituzione; oggi, nel 2022, resta in piedi il grande problema di rivendicare un’azione programmatica vicina al mondo del lavoro.
Nelle settimane scorse si è votato in Francia. Il programma di Mélenchon rivendica contenuti che in Italia non si possono nemmeno pronunciare: pensione a 60 anni, 32 ore di lavoro settimanali su 4 giorni, politiche attive contro la schiavitù imposta dalle merci. E ancora: il tema della redistribuzione del lavoro, con una visione che guarda al futuro e dà forza alle nuove generazioni. Mélenchon chiede tra l’altro l’aumento del salario minimo, la pensione minima a 1.400 euro, politiche di risparmio energetico, di gestione e riuso delle risorse, nonché la nazionalizzazione dei servizi di pubblica utilità. E dire che noi, in Italia, fatichiamo a far pronunciare certe proposte persino alla CGIL.
Dobbiamo allora cogliere l’occasione per ristabilire la nozione di “impegno sociale”, per poter trovare terreno fertile nel momento in cui vengono avanzate proposte innovative e di progresso. Proposte che bisognerà far “vivere” nel prossimo Congresso della più grande organizzazione sindacale.
Il ricordo di Domenico Bonometti è legato ai contenuti per i quali si è battuto tutta la vita. Ha lasciato in eredità alle nuove generazioni l’idea che questo mondo possa essere cambiato, superando la frantumazione e ricostruendo una sinistra politica e sindacale unitaria, capace di restituire voce al mondo del lavoro, dentro e fuori le istituzioni.
Nicola Nicolosi
Pubblicato il 12 Maggio 2022