Il cuneo fiscale: arma letale contro lo Stato?
Le proposte relative al taglio del cuneo fiscale valgono almeno 40 mld di minori entrate fiscali e contributive dal lato dei soggetti sociali e almeno 16 mld per la parte imprenditoriale. La ripartizione del cuneo è la seguente: 16% di imposte, 7% contributo dei lavoratori, 24% come contributo dei datori di lavoro. Fatta questa fotografia, facciamoci questa domanda: se fossero a regime, cosa accadrebbe a questo Paese? Ci sarebbe uno Stato prossimo a quello dei Paesi che vogliono entrare in Europa che hanno una incidenza sul PIL della spesa pubblica inferiore al 40%. Ho studiato sui testi di scienze delle finanze che il prelievo fiscale è direttamente proporzionale alla struttura e complessità del capitale. Possono i paesi dell’est Europa diventare il nostro orizzonte? Belgio, Francia e Germania hanno un cuneo fiscale certamente più alto del nostro, ma non credo che la loro Confindustria e sindacato chiedano la riduzione del cuneo. Sfugge che il PIL è fatto da capitale, lavoro e spesa pubblica; noi (sinistra) chiediamo forse che il rapporto capitale-lavoro sia migliorato a favore del lavoro (sindacato) o del capitale (Confindustria) a discapito del reddito pubblico che tratta beni e servizi pubblici? Sostanzialmente proponiamo che il sole debba girare intorno alla terra e non viceversa? È plausibile? Scegliete voi quale servizio deve essere ridimensionato. Possiamo certamente favorire le assicurazioni private in campo sanitario e previdenziale, ma chi lo dice ai cittadini che non pochi fondi previdenziali europei e US stanno speculando financo su gas ed energia perché ci sono dei rendimenti in fondo sicuri? Alla fine, questi fondi concorrono financo all’inflazione da profitti. Il punto è questo: il reddito da lavoro sul PIL vale il 45%, contro una media europea saldamente al di sopra del 50%. Il rimanente reddito è distribuito tra pubblico-profitti-rendita. Quanto valgono 5 punti di PIL per agganciare il reddito da lavoro alla media europea? Almeno 100 mld. Per riequilibrare il peso economico dei soggetti in campo (capitale-lavoro-Stato) dobbiamo ridurre proprio il reddito pubblico? Inoltre, non ci sarebbero delle misure più interessanti per risolvere i grandi nodi di struttura del Paese? Chiedere denaro alla controparte che nel frattempo ha visto crescere i propri profitti è blasfemo? Comprendo bene i rapporti di forza, ma le società partecipate che hanno registrato una crescita del MOL ben oltre il 30% negli ultimi mesi, possono essere ricondotte a più miti consigli via sciopero e intervento pubblico via moral suasion? Rispetto alla scelta tra 1) un taglio del cuneo (minori entrate fiscali e contributive), pari a poco oltre 40 mld di euro per avere una mensilità in più e 2) servizi pubblici, credo che sia più utile un piano per nuove assunzioni pubbliche per almeno 1 mln di nuovi occupati; magari fare una buona riforma previdenziale e sanitaria, rafforzare la scuola e la ricerca pubblica. Ovviamente è necessaria anche una nuova stagione contrattuale. La crescita del reddito da lavoro pari ad almeno 5 punti di PIL passa da questo punto. Il primo passo è legato a una seria riforma del mercato del lavoro riducendo la pletorica e gigantesca babele delle forme di ingresso nel mercato del lavoro; la seconda è una rivisitazione del numero dei contratti (più di 900) agganciandoli alla tassonomia NACE secondo numero, rimuovendo l’incomprensibile divorzio tra statistica e contratti di lavoro. Cambierebbe tanto nel mercato, ma è proprio lì che dobbiamo risolvere i nostri problemi. C’è poi la questione dei salari e degli investimenti. Prendo per buono Ricardo D. e Sylos Labini: leghiamo i salari agli investimenti. Sebbene quelli italiani siano più bassi, se i salari avessero seguito gli investimenti ci sarebbero dei redditi più alti e una struttura economica più consona con il sistema economico europeo.
Roberto Romano
Pubblicato il 12 Luglio 2022