Draghi, il Pd e la nuova versione del “voto utile”
Se il PD dovesse risultare il primo partito per consensi ricevuti è al Pd che Mattarella darebbe l’incarico di formare il Governo, anche se la coalizione di destra dovesse superare il 50% degli eletti: è la nuova versione del voto utile, che comporta l’obiettivo di ricostituire un governo in stile e maggioranza draghiani. Sia chiaro: non si tratta di una linea ufficiale, per ora, ma è stata riportata, per esempio su Repubblica, da vari commentatori.
Non è affatto una tesi peregrina, di regola si fa così. Naturalmente ci sono diverse condizioni. Il PD non formerà un governo di centrosinistra, anche comprendendo Calenda-Renzi, in primo luogo perché per Letta l’obiettivo è l’agenda Draghi, cioè un governo come quello attuale, sia per composizione sia per programma. In ogni caso, poi, Calenda non accetterebbe mai di entrare in un’alleanza di centrosinistra. Per rifare un governo Draghi Letta ha bisogno che Lega e FI si stacchino dall’alleanza con Meloni: è molto difficile che accada, ma non impossibile. La base sociale di questi due partiti sa benissimo che un governo in stile draghiano avrebbe pochi problemi con UE e USA, soprattutto in vista di una prevedibile crisi. Sono rimasti scottati dall’esperienza del 2011 e il passaggio al Governo Monti. Con Draghi, inoltre, hanno dimostrato che pur di stare al governo sono disposti a qualsiasi cosa; anche se Meloni sta facendo di tutto per apparire più atlantista di chiunque altro, proprio in seguito all’esperienza del 2011, ma lei non ha alternative.
C’è anche una contraddizione di fondo che riguarda la destra: e cioè che due machisti impenitenti come Salvini e Berlusconi vedono malissimo l’idea di essere comandati da una donna. Si vede chiaramente dalla loro agitazione, in particolare di Salvini che se ne è uscito con l’affermazione che è Mattarella che dà l’incarico: un’evidente smentita delle ripetute dichiarazioni secondo le quali se vincesse la destra l’incarico andrebbe automaticamente a Meloni, in quanto vincitrice della gara interna alla destra. Anche lo scontro fra Meloni e Salvini sul tema dei migranti è un segnale di questo fastidio di Salvini: come si permette Meloni di invadere il suo campo, quello della persecuzione dei migranti?
Non a caso, Letta cita sempre Meloni come sua avversaria; non che la riconosca come leader della destra, piuttosto vuole sottolineare la differenza con Salvini e Berlusconi e cercare di ampliarne la frattura.
Naturalmente la condizione principale a questo scenario è l’adesione di Mattarella all’ipotesi di un nuovo governo draghiano, adesione che è assolutamente scontata, se fattibile.
L’obiettivo di Letta spiegherebbe il mancato tentativo di aggancio con M5S e UP. Spiegherebbe anche la mossa di Calenda di rompere l’alleanza appena fatta con il PD, perché da “separato” ha la possibilità di esplicitare l’obiettivo vero di un Draghi bis dando a se stesso un ruolo centrale. Non è fantasioso nemmeno immaginare, per come è fatto il personaggio, che sogni un governo Calenda.
Seguendo questa logica, la cosa migliore per il PD sarebbe che le altre liste comprese nella sua alleanza prendano voti senza però raggiungere il 3%, pur superando l’1%: così quei voti andrebbero tutti al PD.
E’ realistica l’ipotesi di un Draghi bis? Sarebbe una mossa sostanzialmente disperata, anche se l’unica possibile per gli attori politici che la propugnano: chi spera che la campagna elettorale faccia recuperare all’indefinito fronte progressista il 15-20% di distacco vive nella quinta dimensione.
Quindi, proviamo a ricalibrare per chi ci accingiamo a votare: per un governo liberista, guerrafondaio, padronale e ideologicamente di destra (versione Meloni), oppure per un governo liberista, guerrafondaio, padronale e ideologicamente liberale (versione Draghi). Perfino sulla Costituzione nessuno dei due schieramenti fornisce delle garanzie; lo stesso presidenzialismo non necessariamente verrebbe visto male dai liberali, compreso il PD.
Dobbiamo avere chiaro, quindi, il percorso reale che stiamo facendo: chiunque insista a dire che è in corso uno scontro fra fronte progressista e destra mente. L’unica cosa che manca in queste elezioni è un fronte progressista, che può esistere soltanto se rincomincerà ad esistere una sinistra. L’obiettivo dovrebbe essere quello di ricostruirla.
Gianni Paoletti
Pubblicato il 20 Settembre 2022