Fermiamo la strage. Costruiamo una pace giusta
“La Bibbia è un atto di proprietà della Palestina per il popolo ebraico … donata da Dio al suo popolo eletto” (Ben Gurion, primo presidente di Israele). È il concetto fondamentale del Movimento Sionista che, dal 1894, ha promosso un conflitto per fondare uno Stato ebraico in Terrasanta. Vi s’era opposto duramente il rabbinato, facendo vietare il congresso a Berlino, spostato a Basilea, ma s’erano opposti anche i sionisti come Einstein e Arendt, che volevano una convivenza pacifica coi palestinesi. Mentre lo Stato ebraico sionista ha scelto il colonialismo di sostituzione (come il massacro degli indiani americani, degli aborigeni australiani e l’estinzione dei fuegini e tasmaniani) con pulizia etnica (definita dall’ONU l’eliminazione delle minoranze, con l’allontanamento coatto o aggressione militare e violenza) e genocidio (crimini violenti contro gruppi di individui con l’intento di distruggerli).
Parlavano d’una terra senza popolo per un popolo senza terra, dicendo che i palestinesi erano “un popolo inventato” (Golda Meyr), fatto di squatters (occupanti abusivi) da espellere, come i sionisti hanno continuato a fare fino ad oggi a Gaza.
Una scelta duramente condannata dalla Arendt. Ironia della sorte, i veri discendenti degli antichi ebrei sono i palestinesi, come sosteneva anche Ben Gurion e come emerge dalle ricerche del genetista ebreo Eran Elaik: gli aschenaziti (80% degli ebrei attuali) e i sefarditi (15% circa) non discendono dagli antichi ebrei, bensì da antenati caucasici e indoeuropei convertiti (rispettivamente i cazari e gli spagnoli) che non sono venuti dalla Palestina, per cui non si può certo parlare d’un ritorno.
Il Fondo ebraico, finanziato da Rotschild, acquistando le terre dai latifondisti turchi, ne ha cacciato i coltivatori palestinesi. Vladimir Žabotinskij, ebreo russo ma italiano d’elezione, filofascista (chiamato da Ben Gurion Vladimir Hitler: Mussolini gli aveva addestrato la futura marina ebraica a Civitavecchia) aveva proposto nel ’41 l’entrata in guerra a fianco della Germania, per creare “lo storico stato ebraico su base nazionale e autoritaria, legato da un accordo col Reich tedesco”, per conquistare la Palestina e la Giordania (ed oltre, dal Nilo all’Eufrate). Ha fondato il sionismo revisionista (da cui è derivato l’attuale partito di Netanyahu, il Likud), la Legione ebraica (il muro di ferro), la milizia terroristica Haganah, e ha ispirato, anche dopo morto, la formazione dell’Irgun e della Banda Stern che hanno ucciso Lord Moyne, ministro britannico per il Medio Oriente, e il conte Folke Bernadotte, negoziatore di pace dell’Onu. Successivamente, alla proclamazione violenta dello Stato di Israele, hanno raso al suolo 531 villaggi palestinesi, ne hanno sterminato gli abitanti di una quarantina (i più famosi sono Deir Yassin, Tantura, Lidda), con 15.000 morti, per costringere alla fuga 800.000 palestinesi (il 90% della popolazione) a cui hanno sequestrato tutti i beni.
Per gli ebrei è la Festa dell’indipendenza, per i palestinesi è la Nakba (il disastro) che continua ancor oggi col genocidio a Gaza. Per continuare la conquista, Moshe Dayan, sapendo che ulteriori genocidi avrebbero suscitato reazioni internazionali, ha auspicato un attacco arabo e ha lasciato che l’Egitto lo preparasse per un anno, per poi prevenirlo nel 1967 (la “guerra dei sei giorni”), distruggendo a sorpresa l’intera aviazione egiziana, ottenendo così la scusa per conquistare Gerusalemme est, Cisgiordania, Gaza, Golan e Sinai (quest’ultimo restituito all’Egitto divenuto alleato).
Israele vuole tutta la Palestina e non ha mai ottemperato alle oltre 1.000 condanne del Consiglio di Sicurezza che richiedono il ritorno dei profughi, la creazione di due Stati e dichiarano un crimine contro l’umanità la continua costruzione di colonie chiuse ai palestinesi nei territori occupati. Israele vuole cancellare i campi dei profughi dai paesi limitrofi per impedirne il ritorno, a partire dalla strage di Sabra e Chatila in Libano, dove ha usato milizie maronite; vuol cancellare anche l’UNRWA (ONU) per gli aiuti ai profughi palestinesi, accusandola di voler mantenere aperta la questione dei profughi, per lei ormai chiusa. Ha continuato una guerra strisciante circondando i territori occupati, Cisgiordania e Gaza, con una muraglia di 8 metri per 800 km, isolando Gaza via terra e via mare, nella più grande prigione a cielo aperto al mondo… dove è impossibile vivere (lo spiega l’ONU), vietandone l’uscita, controllandone i rifornimenti e limitando l’accesso all’acqua. Ha emanato la legge sionista dello Stato-nazione, definendo Israele patria dei soli ebrei, declassando islamici, cristiani e drusi al rango di squatter, cancellando l’arabo da lingua ufficiale, promuovendo la creazione delle colonie riservate agli ebrei stabilendo così anche formalmente l’apartheid; la legge del ritorno è una politica di immigrazione per soli ebrei che dà la cittadinanza israeliana e un posto nelle colonie illegali dei territori occupati ad ogni ebreo del mondo che vi si trasferisca (in Cisgiordania i coloni ebrei hanno superato gli 800.000 e continua la formazione di nuove colonie; ai coloni, spesso autori di omicidi di palestinesi è assi-curata l’impunità). La zona controllata dall’ANP, l’Autorità Nazionale Palestinese nella Cisgiordania, che subisce continue incursioni dell’esercito con relativi morti, è solo il 17% delle Cisgiordania, costituita da coriandoli di bantustan, “invivibili”, isolati fra loro da colonie e strade israeliane vietate ai palestinesi; l’acqua e il carburante sono razionati ed è vietata la costruzione di nuove case e di pozzi palestinesi.
Con un regime duale, i palestinesi sono sottoposti alla giustizia militare, mentre quella civile per gli ebrei assolve tutti gli attacchi ai palestinesi; viene effettuata la detenzione amministrativa di circa 9.000 palestinesi, specie bambini, senza imputazione, processo e limiti temporali.
Israele era uno stretto alleato del Sudafrica bianco dell’apartheid, fornendo istruttori, armamenti e schemi per la bomba atomica. Anche le frequentazioni politiche di Netanyahu sono scelte con cura: Trump, Bolsonaro, Salvini, il gruppo di Višegrad ed ora Milei, che vuol diventare ebreo; il figlio di Netanyahu ha detto: i nazisti sono il passato, la sinistra è più pericolosa.
Continuano le provocazioni, anche recenti, specie durante il ramadan, contro la moschea di Al-Aqsa, uno dei tre luoghi più sacri del mondo musulmano, da parte dei sionisti religiosi che intendono demolirla per costruire al suo posto il Terzo Tempio, premessa al ritorno del Messia, e questa è stata la causa delle due Intifada; il 4 ottobre c’è stato una occupazione di Al-Aqsa da parte dei coloni israeliani, “in violazione del diritto internazionale” come hanno precisato le autorità giordane, e l’attacco di Hamas del 7 ottobre è stato denominato “Alluvione di Al-Aqsa”. Netanyahu, che intende scacciare i palestinesi dai territori occupati per far posto ai nuovi immigrati ebrei sempre in arrivo, ha cercato finora invano di convincere gli egiziani, con enormi compensi, ad accettare il transfert (la deportazione) dei 2.300.000 palestinesi di Gaza nel Sinai e ora, dopo aver raso al suolo la Striscia per renderla inabitabile, propone di trasferirli su un’isola marina artificiale appositamente costruita (un altro carcere all’aperto, ancor più controllato); ha progettato da anni il reinsediamento ebraico di coloni in tutta la Striscia di Gaza, anche per farne un centro turistico, e la costruzione del canale Ben Gurion fra Gaza e Eilat, alternativo a Suez; ha impedito ai palestinesi lo sfruttamento dell’enorme giacimento di gas di Gaza Marine nel territorio marittimo di Gaza, decidendo di impossessarsene.
Netanyahu ha permesso copiosi finanziamenti del Qatar ad Hamas (che è stata eletta al governo dai palestinesi, che la considerano un’organizzazione di resistenza) per indebolire l’ANP, e per cacciare i palestinesi ha adottato la strategia di Moshe Dayan di lasciar fare ad Hamas per avere così il pretesto per l’attacco militare a Gaza, pianificato da tempo, per effettuare la cacciata dei palestinesi e l’eliminazione della Striscia, con una nuova Nakba e risolvere il problema palestinese una volta per tutte.
Come ha scritto il New York Times lo scorso 1° dicembre, Netanyahu conosceva da un anno il documento di 40 pagine “Muro di Gerico” di Aman, il servizio segreto militare israeliano, che descriveva minuziosamente i piani di attacco di Hamas ed era stato avvisato più volte dal colonnello Yigal Carmon, di Aman, dell’imminenza dell’attacco; Ronen Bar, direttore dello Shin Bet, l’intelligenza israeliana, aveva trascorso la notte del 6 ottobre in ufficio, nonostante fosse lo Shabbat, in attesa dell’attacco; il ministro della Difesa israeliano Joel Galland era stato licenziato perché aveva avvertito il governo dell’attacco. La BBC ha detto che il ministro egiziano dell’Intelligenza, Kamal Abbas, ha telefonato personalmente a Netanyahu per avvertirlo dell’attacco tre giorni prima. Il giornalista militare Seimour Hersh ha scritto che, nei giorni immediatamente precedenti l’attacco, Netanyahu aveva ordinato di spostare in Cisgiordania due dei tre battaglioni di stanza sul confine di Gaza, lasciando solo 800 soldati a presidiare 51 km di confine. L’unità di intelligenza dei segnali 8200, che aveva rilevato l’esercitazione di Hamas, tre mesi prima era stata messa fuori servizio nel fine settimana. Dunque, l’esercito israeliano, che controlla elettronicamente ogni centimetro della Striscia, non è stato colto affatto impreparato, ma potrebbe aver lasciato fare, su ordine di Netanyahu, per usare l’attacco come casus belli, come pretesto per attuare la pulizia etnica di Gaza.
Inoltre sarebbe stato rilevato che più del 60% dei morti sarebbero stati carbonizzati da bombe al fosforo, fuori-legge, di cui Hamas non dispone; i ragazzi che fuggivano dal rave a Re’im hanno dichiarato di essere stati bombardati dagli elicotteri israeliani e i piloti hanno detto di aver svuotato la pancia degli elicotteri su tutto ciò che stava sotto senza distinguere fra amici e nemici, in applicazione della Direttiva Annibale dell’86, che ordina alle forze israeliane di uccidere i propri soldati e gli ostaggi per evitare che cadano nelle mani del nemico: il comandante della guarnigione attaccata ha chiesto il bombardamento israeliano sulla propria unità; il quotidiano Haaretz e radio pubblica Kan Bet hanno affermato che i comandanti israeliani hanno ordinato di cannoneggiare le abitazioni del kibbutz Be’eri per eliminare i terroristi, compresi gli abitanti israeliani. L’atrocità della strage di bambini da parte di Hamas è stata smentita dagli Stati Uniti e anche da fonti israeliane.
L’attacco di Hamas per la cattura di ostaggi rientra nella definizione di un crimine contro l’umanità, ma è avvenuto dopo anni di operazioni terroristiche dell’esercito israeliano contro la Striscia, con 4 incursioni belliche e almeno 6.000 vittime civili, soprattutto bambini: l’ultima offensiva israeliana a Gaza è stata di 11 giorni, dal 10 maggio ’23, con 256 palestinesi uccisi (66 bambini) e e 1900 feriti. L’attuale operazione Spada di Ferro, con la strage di oltre 31.000 morti, in costante crescita, prevalentemente bambini e donne, non è una rappresaglia esagerata per l’attacco di Hamas, come recita l’informazione, ma un’operazione da tempo pianificata per rendere inabitabile la Striscia, colpendo in particolare ospedali, scuole, chiese, moschee, edifici dell’UNRWA che ospitavano i rifugiati, facendo morire la popolazione di fame e di sete, impedendo gli aiuti umanitari e bombardando ripetutamente coloro che cercano di raggiungerli, per costringere i palestinesi ad andarsene, anche se i paesi vicini non intendono accoglierli.
È la descrizione emblematica di una nuova Nakba di dimensioni ben maggiori di quelle precedenti, fatta sotto gli occhi del mondo che sta a guardare senza intervenire: il presidente venezuelano Maduro l’ha definita “il primo genocidio della storia trasmesso in diretta”. Stati Uniti e Paesi occidentali, Italia compresa, hanno sospeso i finanziamenti all’UNRWA, unico sostegno umanitario dei palestinesi di Gaza, chiesto da Israele con motivazioni assurde (12 persone legate ad Hamas su 13.000 dipendenti), ma Norvegia, Spagna, Irlanda e Belgio sono tra gli Stati che non hanno accettato di sospenderli, riconoscendone il ruolo vitale nella distribuzione di aiuti umanitari a coloro che ne hanno disperatamente bisogno; Canada e Svezia hanno deciso di riprenderli e la Spagna valuta anche il riconoscimento dello Stato palestinese.
Il Segretario generale dell’Onu ha dichiarato che “la popolazione di Gaza è nel mezzo di un’epica catastrofe umanitaria sotto gli occhi del mondo”, mentre l’OMS ha descritto la situazione come “inimmaginabile, le notizie delle ostilità in corso e dei pesanti bombardamenti a Gaza sono pietrificanti”. Gli Stati Uniti hanno sanzionato i coloni omicidi in Cisgiordania e sono finalmente favorevoli alla richiesta di cessate il fuoco al Consiglio di Sicurezza. Schumer, l’ebreo più alto in grado dell’amministrazione democratica, interpretando i sentimenti della comunità ebraica statunitense, ha affermato che “Netanyahu ostacola la pace” e che deve dimettersi. L’aviatore statunitense ebreo Aaron Bushnell, s’è ucciso dandosi fuoco di fronte alla ambasciata israeliana di Washington per protesta contro la strage del popolo palestinese, gridando di non voler “più essere complice del genocidio”. Josep Borrell, Alto rappresentante della politica estera dell’UE, ha dichiarato che la catastrofe umanitaria a Gaza non è stata un disastro naturale, ma “causato dall’uomo’”, mentre Macron ha chiesto il cessate il fuoco e ha detto che “Israele deve rispettare il diritto umanitario internazionale”. Ma Netanyahu ha promesso ai soldati che “entreremo a Rafah”, l’ultimo possibile rifugio dei palestinesi, sul confine egiziano.
Anche in Israele molti rabbini, soprattutto quelli di Naturei Karta, e decine di organizzazioni di volontariato, a partire da B’Tsalem e Peace Now, si sono battute contro l’attacco israeliano, come pure i numerosissimi rabbini che hanno guidato le manifestazioni oceaniche di Londra, Parigi e New York. La Corte Internazionale di Giustizia ONU dell’Aia ha ritenuta ammissibile l’accusa di genocidio rivolta dall’ONU ad Israele, sostenuta da oltre 50 Paesi e avversata dagli Stati Uniti.
Sebbene la giustificazione della Terra Promessa da Dio per il colonialismo israeliano di sostituzione non abbia alcun senso, è chiaro che non è pensabile in alcun modo un esodo riparatore degli israeliani e del resto nel 2017 anche Hamas ha accettato l’esistenza di Israele con il ritorno ai confini del 1967, ma non l’ha accettato Israele che vuole tutta la Palestina ed oltre. Anche la soluzione dei due Stati sembra ormai impraticabile, perché in Cisgiordania il territorio palestinese non esiste quasi più e sarà ben difficile espellere gli 800.000 coloni che lo occupano.
È ora di dire basta. Occorre mettere fine alla strage, altrimenti il tragico destino cui è destinato il popolo palestinese, “distrutto dallo strapotere di un governo occupante e criminale”, come dice la scrittrice Laura Tussi, è solo questione di tempo. Non è più tempo per chiacchere inutili: è ora di fatti concreti per fermare la strage e sconfiggere il progetto teocratico d’uno Stato solo degli ebrei, ripulito dai palestinesi; per affermare piuttosto una democrazia laica, fondata sull’uguaglianza di tutti i cittadini indipendentemente dalla loro religione, consentire il diritto al ritorno dei profughi palestinesi chiesto dall’ONU e fermare il preteso diritto al “ritorno” degli ebrei di tutto il mondo. Che, se non fermato, implicherebbe necessariamente, viste le limitate risorse esistenti in Palestina, già sovraffollata, la cacciata dei palestinesi residui e ulteriori aggressioni ai Paesi vicini.
Giancarlo Saccoman
Pubblicato il 26 Marzo 2024