Il Governo dei migranti: propaganda e disumanità
Il comportamento del governo verso gli immigrati, in Albania, dimostra che spesso manca il senso della misura persino nel senso del ridicolo. La procedura accelerata ed il trattenimento nei centri per il rimpatrio è un provvedimento di polizia, che ha bisogno di essere convalidato dal giudice (la convalida è un obbligo del nostro ordinamento quando si trattiene una persona e la si priva della sua libertà). Ecco perché nel momento in cui il governo ha chiesto al magistrato di esaminare i casi specifici, e convalidare eventualmente il trattenimento, questi lo ha negato. Nel momento in cui viene chiesta la convalida di un fermo, va da sé che esso può essere confermata o negato… oppure qualcuno pensa davvero che debba essere confermato obbligatoriamente? Anche perché, se così fosse, sarebbe stato inutile chiedere la convalida…bisogna quindi aspettarsi che possa essere negata. Questo vale anche dopo il decreto annunciato da Nordio dopo il Consiglio dei Ministri dei giorni scorsi: il ministro della Giustizia ha affermato che, questa volta, i giudici non potranno disapplicare la legge, che prevede un elenco preciso di “paesi sicuri”. Peccato che i “paesi sicuri” non siano tali… ma, ad ogni modo, se ritengono di rispondere ai criteri stabiliti dalla normativa europea, l’interpretazione di quei criteri (stabiliti dalla legge e quindi dal legislatore europeo), spettano, inequivocabilmente, alla magistratura. A meno che non si voglia precludere al giudice la prerogativa di convalidare un provvedimento di polizia; in questo caso sarebbe però il governo a disapplicare una legge europea ed a contravvenire alla nostra Costituzione.
Il ministro Nordio ha anche sostenuto che non può essere la magistratura a decidere se un paese sia sicuro oppure no, in quanto tale opzione atterrebbe alla “alta politica”, la quale ha anche implicazioni diplomatiche. Le cose però non stanno così: le norme internazionali ed europee sul diritto di asilo hanno lo scopo precipuo di proteggere le persone e non si può rischiare che perdano la vita, neanche per ragioni di Stato. Quindi, è per ratio giuridica che non viene lasciata la decisione soltanto alla politica ed è assegnato un ruolo preciso alla Magistratura. La saggezza di questo principio è resa evidente da un esempio plastico che ha a che fare con questa vicenda. Secondo la politica, nello specifico il governo Meloni, è considerato sicuro un Paese come l’Egitto. Ma tale assunto è inspiegabile nel merito, se non per interessi di “bassa politica”, visto che in quel Paese è stato ucciso un ragazzo italiano, Giulio Regeni, che stava conducendo una ricerca per conto di un’università inglese. Dopo l’omicidio, le autorità locali rifiutarono di offrire la loro collaborazione, anzi depistarono le indagini e arrivarono addirittura a perseguire ed intimidire i legali locali della famiglia Regeni. E ancora: l’Egitto ha incarcerato per due anni Patrick Zaki, un ragazzo egiziano, studente di un ateneo italiano, colpevole soltanto delle sue idee progressiste.
I requisiti di sicurezza di un Paese si misurano sulla possibilità per una minoranza di non subire ingiustizie, soprusi, persecuzioni da parte delle maggioranze che si autolegittimano anche con la violenza.
Il braccio di ferro tra Governo e Magistratura va dunque molto oltre il fatto specifico e chiama in causa la matrice anticostituzionale del nostro governo. Ha ragione il Giudice Patarnello a porsi il problema di dover difendere l’autonomia e l’indipendenza della Magistratura da questo Governo, che vuole sottometterla e persegue una svolta autoritaria ed eversiva.
Sin qui non c’entra nulla l’accordo con l’Albania, sarebbe andata così anche se gli immigrati fossero in un CPR in Italia. Anzi, è già accaduto varie volte che giudici di Catania e di Palermo abbiano negato la convalida di altri provvedimenti di polizia di trattenimento di migranti in attesa di risposta alla loro richiesta di asilo. Il problema nasce dal ‘decreto Cutro’ che, forzando le norme europee sul diritto di asilo, pretende di trattare con procedure accelerate l’iter di richiesta di asilo di più immigrati possibile, volendo aumentare arbitrariamente i respingimenti. In sostanza l’obiettivo del Governo è sempre quello di “respingere”: è partito dal “blocco navale” forse per ignoranza, poi man mano che si è accorto che non è legalmente possibile, ha cercato altre vie sempre con lo stesso obiettivo, inventando e sperimentando forme che possano aggirare le norme. Ma come si può pretendere di esercitare i respingimenti quando il principio assoluto e basilare della Convenzione di Ginevra che norma il diritto di asilo è “no refoulement”?
Così, dal “blocco navale” si è passati ad un’altra parola d’ordine, “deterrenza”. In sostanza, il governo cerca tutti i sotterfugi e gli stratagemmi possibili ed immaginabili per mettere i bastoni tra le ruote – e rendere più complicato, se non impossibile – l’esercizio del diritto di asilo. Allo stesso modo vengono accelerate tutte le procedure per limitare il diritto di difesa, diminuire i tempi per il ricorso, eliminando un grado di giudizio, ostacolando le ONG che operano i salvataggi nel Mediterraneo. Succede anche che un Giudice convalidi l’arresto di una giovane donna kurda, Maysoon Majidi, accusata di essere una scafista, mentre si tratta di un’artista perseguitata nel suo paese, arrivata in Italia per chiedere il diritto di asilo, e infine scarcerata dopo 10 mesi di carcere da un Giudice del riesame.
Ed ecco che si giunge a stipulare un accordo con l’Albania per spedire i migranti in un centro di detenzione di un altro paese, che si rende disponibile, subdolamente, ad ospitarli a spese dell’Italia per il periodo necessario a definire il loro status. Per poi rimandarli nel nostro Paese come rifugiati o come destinatari di una procedura di rimpatrio. La vicenda albanese si aggiunge all’accordo con la Tunisia, e prima ancora con la Libia, per trattenere i migranti sull’altra sponda del Mediterraneo, con un provvedimento vietato dalle norme internazionali. Un vero e proprio crimine, benché a tale modello guardino con interesse molti paesi europei, perché lede la libertà e la volontà di esseri umani liberi fintanto che ci si fa beffe delle norme internazionali che hanno il compito di tutelare i loro diritti, tanto più in quanto soggetti deboli, fragili, in fuga, in pericolo di vita, prima dal paese di origine, poi dal paese di transito e infine dal mare.
Che i paesi del nord Europa trovino interessante che qualcuno del Sud Europa, al di qua e al di là del mare Mediterraneo, compia il “lavoro sporco” con i migranti, non è certo una novità: a loro va più che bene che sia l’Italia ad occuparsi di chi arriva dal mare e si rifiutano di stabilire una norma che permetta di distribuire i migranti proporzionalmente tra tutti i paesi dell’Unione, come sarebbe giusto. Se poi l’Italia troverà il modo di scaricarli in qualche altro paese, l’importante è che ciò non accada nel cortile di casa propria. Il caso Albania è ancora più stridente, perché a tutte le contrarietà di natura giuridica ed umanitaria, si aggiunge lo spreco di risorse economiche, di costi assurdi, di soldi pubblici. Bene ha fatto chi ha investito la Corte dei conti affinché verifichi se ricorre il danno erariale; perché è troppo eclatante la responsabilità di chi ha voluto percorrere quella strada, essendo stato messo sull’avviso della illegittimità di quella operazione. Quante risorse vengono letteralmente buttate, per propaganda antimigranti, per continuare a speculare elettoralmente su di loro.
Ma il gioco diventa sempre più angusto, così come le contraddizioni sempre più eclatanti. L’Italia e l’Europa spendono cifre importanti per la deterrenza, forzando sempre di più lo stato di diritto, mentre risparmiano su accoglienza e integrazione. Per quanto poi siano costrette a programmare flussi d’ingresso degli immigrati per fronteggiare il declino demografico, e conseguentemente economico-sociale, del Continente. Tutto ciò rende l’idea del tasso di propagandismo utilizzato per rimandare indietro sedici (16) migranti, proprio mentre è stato autorizzato un decreto flussi che prevede 452 mila ingressi nel triennio 2023-2025). E’ quindi fin troppo evidente che la vera emergenza del nostro paese non è certo migratoria: continuare a sostenerlo, offende intelligenze. La vera emergenza, sul tema, è rappresentata piuttosto dalla mancata accoglienza e integrazione.
Un sistema nazionale ed europeo di accoglienza sarebbe dunque indispensabile per governare l’immigrazione e garantire i diritti fondamentali delle persone. E rappresenterebbe anche un asset strategico tale da influenzare la crescita del nostro Pil, in qualità di investimento remunerativo sulla sicurezza di tutti e sul nostro futuro.
Pietro Soldini
Pubblicato il 29 Ottobre 2024