Immigrazione: l’inutile accordo che non affronta le sfide
L’Europa è ingessata e non riesce a fare ciò che sarebbe necessario in materia di immigrazione: servirebbe infatti un PEGRI (un Piano Europeo di Governo e Resilienza Immigrazione) impegnativo per tutti i paesi dell’Unione e funzionale a riformare radicalmente il trattato di Dublino. E’ infatti necessario uniformare e globalizzare il sistema d’accoglienza ed obbligare tutti gli Stati membri a garantire qualità e quantità in modo obbligatorio e proporzionale. Un piano di questa portata doterebbe l’Europa di una strategia unitaria e lungimirante sul tema-immigrazione, che rimane uno dei più importanti del presente e del futuro. Invece l’Europa non è all’altezza di questa sfida e quindi ha votato a Strasburgo un accordicchio che non va oltre una generica solidarietà con i Paesi di prima accoglienza (ma tanto basta per isolare i Paesi di Visegrad).
Inoltre, è stata ribadita la disponibilità a monetizzare, per impedire gli arrivi e tenere gli immigrati fuori dai nostri confini (modello Turchia). Non solo. Si consente di monetizzare anche eventuali inadempienze di Paesi europei nei confronti di altri Paesi del continente, come l’Italia, che sono costretti a farsene carico, loro malgrado, per motivi geografici. Sembra assurdo che il nostro Paese possa aver accettato di essere pagato per diventare l’hotspot dell’Europa… e invece sì. Seppur in modo surrettizio e non diretto, attraverso un fondo europeo nel quale i Paesi che non vogliono accogliere gli immigrati verseranno 20mila euro per ogni immigrato non accolto.
Il paradosso dei paradossi è che i Paesi che non sono d’accordo con questo patto di solidarietà non accetteranno i migranti, e non accetteranno neanche le penali. Ecco allora che i Paesi di Visegrad hanno votato contro, mentre l’Italia ha votato a favore. Non potendo però, nel contempo, rompere l’asse con l’Ungheria, la Polonia e gli altri senza avere almeno una bandierina da sventolare, tornando da Strasburgo.
Il ministro Piantedosi si è quindi inventato una riformulazione del Paese terzo “sicuro” nel quale rimandare gli immigrati irregolari: ma si tratta appunto di una bandierina, perché non possono essere né l’Italia né l’Europa – né un accordo bilaterale – ad attribuire la patente di “Paese terzo sicuro” ad un Paese di transito. Quest’ultimo è il Paese che ha ratificato ed applica la Convenzione di Ginevra: quindi non può essere la Libia (che non ha sottoscritto la Convenzione di Ginevra né la applica neanche lontanamente, con i suoi lager e le sue speculazioni sul traffico di migranti) ma neanche la Tunisia (che, pur essendo firmataria della Convenzione, non ne garantisce lo standard di applicazione, come denunciato inopinatamente dal UNHCR). Quindi quella formulazione, sia pure nella sua genericità ed ambiguità, è illegale e inservibile.
Se l’obiettivo del Governo italiano, ed anche dell’Europa, è, come appare chiaro, quello di aggirare le norme internazionali del diritto d’asilo previste dalla Convenzione di Ginevra, non è un obiettivo praticabile. Così come non può essere praticabile una strategia basata sui rimpatri. Il principio fondamentale della Convenzione di Ginevra si chiama “No refoulement”: non si possono rimandare in dietro, soprattutto se rispediti in un Paese diverso dal loro Paese di origine. Perché in questo caso non sarebbe un rimpatrio, ma una deportazione. Gli stessi rimpatri, ammissibili in determinate e limitate situazioni, sono un palliativo. E’ veramente strano che un governo che pretende di codificare “l’utero in affitto” come reato universale non si preoccupi di commettere i reati internazionali già universalmente codificati.
Se la Meloni fosse intellettualmente onesta, dovrebbe dichiarare che questo accordo è totalmente lontano dalle proposte con le quali lei ha costruito la campagna elettorale. Quindi dovrebbe dichiarare che la proposta del “blocco navale”, totalmente fuori dalla grazia di Dio, è definitivamente e miseramente archiviata.
Le proposte più ragionevoli, ancora una volta, sono rimaste fuori dalla trattativa europea, forse per colpa dei soliti noti, tra cui anche l’Italia. Non possiamo dunque che ritenere la Meloni, oltre che di ispirazione fascista ed evidentemente razzista, non intellettualmente onesta.
Pietro Soldini
Pubblicato il 13 Giugno 2023