In sciopero per il lavoro. E per ripensare l’intera società

L’intervento di Dario Salvetti, ex-GKN, dal palco dello sciopero dei metalmeccanici dell’Auto

“Nelle officine Fiat italiane abbiamo scritto la storia della lotta di classe del nostro paese: assemblee, scioperi, attività nei Consigli di fabbrica e partecipazione alle assemblee… abbiamo fatto scoppiare le ‘primavere’ dentro quegli stabilimenti. “Siamo dei nani seduti sulle spalle dei giganti” e della loro storia pluridecennale e vorrei quindi ricordare la vecchia generazione che ha scioperato prima di noi e che ha ‘seminato’ affinché possiamo continuare con la lotta. Sempre con un pensiero a chi non c’è più: in particolare Pasquale Loiacono, che oggi sarebbe stato con noi… ho qui con me il suo foulard ‘No Tav’, che pesa tantissimo, così come pesa molto la nostra storia. GKN, in questa storia, è un puntino, ma allo stesso tempo rappresenta un monito, che mette tutti in guardia su ciò che potrebbe succedere a tutti e a tutte, se la nostra lotta non risulterà vittoriosa. Siamo stati licenziati nel 2021, per permettere la delocalizzazione; tre anni di assemblea permanente, dodici mesi senza stipendio, contratti integrativi disdettati via email. Tutto ciò descrive il disimpegno di Fiat, FCA e infine Stellantis… sì, perché questa multinazionale se ne sta andando dall’Italia ed è ormai un ‘segreto di Pulcinella’. C’è un altro famoso detto, che recita “Chi se ne va, che male fa…”, ma non è proprio il nostro caso: Stellantis sta abbandonando il Paese e fa del male, non soltanto perché distruggono posti di lavoro, ma anche perché si lasciano dietro le spalle uno spaventoso degrado sociale. Perché quando una multinazionale smette di investire in un settore produttivo non se ne va davvero… lascia un gigantesco cumulo di macerie e sposta i suoi investimenti nella speculazione immobiliare o finanziaria o sul controllo dell’informazione. Come dimostrano le recenti proteste del Comitato di Redazione di ‘Repubblica’, che non ha certo le nostre stesse opinioni, ma merita la nostra solidarietà nel momento in cui un editore condiziona pesantemente la libera informazione.

Siamo governati da una coalizione che si riempie la bocca di parole come “sovranità”: ma di che cosa stanno parlando? L’unica “sovranità” di cui si dovrebbe parlare è la capacità di discutere per decidere che cosa, come e quanto produrre; vincolando il denaro dei contribuenti a finalità pubbliche. Mentre ci troviamo di fronte non soltanto ad un sistema economico che si sta sgretolando sotto i nostri occhi… ma ciò accade addirittura dopo che quello stesso sistema ha utilizzato, e non da oggi, una montagna di soldi e di risorse pubbliche, socializzando esclusivamente le perdite.

L’Italia non è più un Paese che possiede l’industria automobilistica; al contrario, è ormai l’industria automobilistica che possiede il Paese, e lo ricatta lasciando il vuoto intorno a sé. E quando il ministro Urso ci viene a raccontare che intende aprire ad un secondo produttore automobilistico, come se ci fosse il monopolio di Stato sul settore, noi rispondiamo che c’è piuttosto un monopolio dell’automobile sullo Stato. E bisogna smetterla di utilizzate il tema dell’auto elettrica, un giorno sì e l’altro pure, per giustificare i licenziamenti in Stellantis: da vent’anni abbiamo a che fare con la transizione di prodotto legata al cambiamento climatico e se l’attuale sistema non la sa gestire, non può e non deve mettere i bastoni tra le ruote a chi rivendica di poter intervenire con un piano industriale pubblico che sappia intervenire su quella transizione. Perché fino ad oggi l’unico monopolio con cui abbiamo a che fare, è il monopolio dell’immobilismo.

Perché la verità è che quando il Capitale è presente, e da metalmeccanici lo sappiamo bene, sa soltanto importi i suoi ritmi, pretendendo di intervenire sui salari, sul presunto assenteismo piuttosto che sulla pausa mensa o colpevolizzando i lavoratori che beneficiano della legge 104… poi all’improvviso scappa lasciando il vuoto. Senza nemmeno lasciare ai lavoratori il diritto di provare a riempirlo, quel vuoto. Ed ecco che non si presenta nemmeno ai tavoli di confronto. Quindi, la nostra lotta non è nata soltanto per rilanciare una singola industria, ma si interroga sul cambiamento. Se in GKN non vinciamo la nostra battaglia per il lavoro, per la dignità sociale, per la transizione climatica, per la qualità dell’aria che respiriamo, per la pace, non rimarrà che la loro ricetta, che è già scritta: produrre armi per costruire sempre più un’economia di guerra e di sopraffazione.

Dobbiamo perciò fare di tutto per togliere alibi al grande capitale e a chi lo sostiene, svolgendo addirittura un ruolo di supplenza che storicamente non ci appartiene: non soltanto costruendo un percorso di reindustrializzazione dal basso, ma anche attuando meccanismi di azionariato popolare, studiando con le reti climatiche, nostre alleate, la fabbrica sostenibile, piena di vita e di attività sociali. Perché noi vogliamo lavorare per vivere e non il suo contrario. Per raccogliere così, nel modo migliore, la lezione che ci hanno trasmesso le generazioni che hanno saputo lottare negli scorsi decenni”.

Dario Salvetti

Collettivo ex-GKN, Campi Bisenzio (FI)

Pubblicato il 29 Ottobre 2024