Intervista ad Eliana Como: “E’ ora di riprendere la lotta”
Eliana Como, Portavoce nazionale dell’area di minoranza in CGIL ‘Le Radici del Sindacato”, assume il suo ruolo in una fase delicatissima per il Paese, caratterizzata dai primi, decisi affondi del governo Meloni contro le lavoratrici, i lavoratori e i loro diritti. La scelta operata dall’Esecutivo – proprio il giorno del 1° Maggio, nel tentativo di svilirne il significato – è netta e chiara: aumento della precarietà proprio mentre si taglia il reddito di cittadinanza, nessuna misura realmente efficace contro l’inflazione galoppante e via libera all’autonomia differenziata. Nel corso dell’intervista che segue abbiamo cercato di mettere a fuoco i principali nodi che aggrovigliano l’attualità politico-sociale.
“Il Primo Maggio – osserva Eliana Como – il Governo Meloni ha annunciato con grande retorica la riduzione del cuneo fiscale: una misura non sufficiente e temporanea, mentre, nel frattempo, si aumenta la precarietà e si taglia per sempre il reddito di cittadinanza. E aggiungo che non possiamo più ritenere tollerabile un confronto con controparti che ritengono fastidioso o inutile il rapporto coi lavoratori e le lavoratrici, riducendo ogni tavolo ad una semplice comunicazione delle proprie iniziative”.
Lo schiaffo al lavoro e ai suoi protagonisti è ormai evidente…
Le politiche reazionarie del Governo, già enunciate nel programma elettorale, hanno trovato pronta conferma nella legge di Bilancio, dalla flat-tax per i liberi professionisti all’aumento sull’uso del contante, fino alla liberalizzazione del subappalto nel settore pubblico, mettendo al riparo Confindustria da ciò che sarebbe necessario in questa fase, ossia una radicale inversione di tendenza capace di porre all’attenzione la drammatica “questione salariale”. E mentre in Europa tornano le politiche di austerità, in Italia vengono negati gli aumenti nel settore pubblico – servirebbero 8/10 miliardi soltanto per il rinnovo dei CCNL scaduto nel 2021 – e ‘quota 41’ per andare in pensione resta un’illusione. Le sbandierate misure di riduzione del cuneo fiscale, si diceva, si riducono ad una tantum, con l’esplicita logica di contenere le richieste di adeguamento salariale, rinunciando in partenza alla difesa del potere d’acquisto di lavoratori e lavoratrici. Tra le altre misure, il “decreto 1° maggio” istituisce al Ministero del Lavoro un fondo per i familiari degli studenti vittime di infortuni in occasione delle attività formative in alternanza scuola-lavoro. Di fatto, il Governo mette in conto che di alternanza scuola-lavoro “si può” morire: un’aberrazione, anche sul piano simbolico. E nonostante l’inflazione in atto stia drammaticamente impoverendo gli stipendi – a fronte di una crescente competizione che aumenta lo sfruttamento su ritmi, orari e precarietà – il salario minimo viene negato, in assenza di strumenti utili a recuperare la drammatica perdita di potere d’acquisto. Proseguono inoltre le tragedie nei luoghi di lavoro, con infortuni e morti che rappresentano un’emergenza che non può essere più tollerata. Infine, vengono negate risorse per i servizi universali, lasciando collassare la sanità, la scuola e i trasporti, al Sud e non soltanto.
Restando al Sud, il dramma sociale è sempre più acuto, se pensiamo al combinato disposto tra taglio del reddito di cittadinanza e avvio dell’autonomia differenziata.
L’autonomia differenziata viene imposta dal Governo a tappe forzate. Si tratta di un percorso che da una parte renderà diseguali i servizi universali sul territorio e dall’altra subordinerà sempre più i diritti sociali alle logiche neoliberiste della privatizzazione. Andiamo incontro ad una revisione federalista che non soltanto diversifica scuole, trasporti, normative ambientali e sanità, ma differenzia il salario globale, spezza i contratti nazionali, introduce di fatto gabbie salariali.
L’offensiva del Governo si manifesta platealmente anche in ambito socio-culturale, gli esempi purtroppo non mancano…
Mentre si moltiplicano povertà, diseguaglianze e differenze territoriali, il Governo se la prende con ‘Ultima generazione’ e i migranti in mare, dimostrando che non ha affatto reciso le sue radici nelle tradizioni fasciste ma, anzi, le sostiene con politiche revisioniste e discriminatorie. Il tema-immigrazione, tanto quanto la crisi climatica e gli effetti della siccità, vengono trattati come questioni di ordine pubblico, con la criminalizzazione del dissenso. E non possiamo ovviamente dimenticare gli effetti del conflitto in Ucraina, sostenuto dal Governo Meloni in ossequio a quanto richiesto da Nato e Stati Uniti, che acuiscono ulteriormente il disagio sociale, oltre ad accanirsi sulla condizione materiale di lavoratori, lavoratrici e pensionati.
In Europa finalmente qualcosa di muove…
Sì, in tanti Paesi europei i lavoratori e la società civile hanno già messo in campo mobilitazioni incisive, contestando i rispettivi Governi e rivendicando in primo luogo la difesa del potere di acquisto dei salari: il Primo Maggio in Francia ha visto la più grande partecipazione degli ultimi decenni – attraverso un movimento del lavoro che non si piega alle scelte autoritarie di Macron – mentre in Germania, dopo gli scioperi più estesi degli ultimi decenni, i dipendenti pubblici hanno nel frattempo conquistato 3mila euro di bonus salariale straordinario, esentasse, e poi il 5,5% di aumento. Insomma, la condizione drammatica per il mondo del lavoro viene affrontata in Europa con un piano di mobilitazioni straordinarie che hanno visto lavoratori e lavoratrici inglesi, tedeschi, francesi e spagnoli protestare energicamente per poi ottenere – quantomeno in Germania e anche in Inghilterra – riconoscimenti economici che stanno attenuando gli effetti inflattivi.
Mentre in Italia?
A parte gli scioperi dei macchinisti di Trenitalia e del settore del Legno, non si muove nulla. L’ultimo sciopero generale è dello scorso dicembre, arrivato tardi e male: le piazza vuote e le adesioni scarse sono state il risultato di un’iniziativa poco chiara e priva di continuità. La risposta sindacale al “decreto 1° maggio” è stata limitata alle manifestazioni interregionali a Bologna, Napoli e Milano, senza l’indizione dello sciopero. Non basta. L’unità sindacale non può essere un freno alle lotte e siamo già in ritardo. Serve dunque, da subito, un percorso reale e credibile che assuma le ragioni della moltitudine del lavoro: rivendichiamo che la CGIL, anche da sola, radicalizzi l’iniziativa, tornando a costruire conflitto e mobilitazione di massa, adoperandosi per aumentare le assemblee nei luoghi di lavoro. E intrecciando le manifestazioni interregionali ad iniziative reali e diffuse di scioperi articolati nelle categorie e nei territori che possano condurre nei tempi più rapidi possibili allo sciopero generale. Le parole d’ordine sono chiare: dobbiamo riconquistare salario, sanità pubblica, pensioni, reddito di cittadinanza, rivendicando più sicurezza sul lavoro e denunciando la precarietà e gli effetti, già ampiamente prevedibili, dell’autonomia differenziata.
Il 27 aprile a Milano è nata la nuova area in CGIL “Le Radici del Sindacato”. Con quali aspettative?
E’ nata un’area in CGIL radicalmente alternativa, che prosegue il percorso iniziato con il documento presentato al Congresso, facendo confluire insieme le precedenti esperienze di ‘RiconquistiamoTutto’ e ‘Democrazia e Lavoro’. Auguro dunque “buona strada” a tutte e tutti coloro che hanno aderito e che, speriamo, aderiranno anche in futuro. Mi è stato affidato il ruolo di Portavoce nazionale: spero di esserne all’altezza, consapevole che ciò che saremo in grado di fare dipenderà da tutti e tutte noi.
Paolo Repetto
Pubblicato il 15 Maggio 2023