Ius sole d’agosto

“La riforma della legge sulla cittadinanza in Italia rappresenta un’emergenza: avere oltre un milione di minori senza cittadinanza, e quindi discriminati nella scuola, nel lavoro e nella società, è un grande problema sociale”

Per sapere che si trattava di “ius sola” bastava guardare al calendario (agosto), eppure ci siamo subiti ore ed ore di chiacchiere, non solo inutili, ma dannose e totalmente disinformanti; al punto che, adesso, dopo quella discussione, non soltanto non resta alcun provvedimento concreto, ma neanche è stata acquisita una migliore conoscenza e consapevolezza del problema e dei suoi connotati.

Come si fa a difendersi da questo vortice di fake news, incompetenza e disonestà intellettuale?

Personalmente, abbiamo anche smesso di discuterne. Ma non riusciamo proprio a tacere, e proviamo a ricapitolare la situazione.

La riforma della legge sulla cittadinanza in Italia rappresenta un’emergenza: avere oltre un milione di minori senza cittadinanza, e quindi discriminati nella scuola, nel lavoro e nella società, è un grande problema sociale. Avere oltre tre milioni di immigrati che possiedono la carta di soggiorno e non sono ancora cittadini, e quindi sono discriminati nei diritti civili fondamentali (ad esempio il voto), è un grave vulnus per la nostra democrazia. Avere cinque milioni e più d’immigrati regolari, ai quali aggiungere altri 500 mila irregolari, significa che circa il 10% della popolazione nazionale è straniera, quindi con uno status giuridico differenziato: persone discriminate e rappresentate come capro espiatorio di tutti mali del paese… è pericoloso per loro, ma anche per la sicurezza di tutto il paese.

Gli argomenti di chi si oppone sono ridicoli. È stato detto che non serve lo ius soli, né le versioni più moderate e graduali dello ius culturae o ius scholae, perché noi diamo più cittadinanze degli altri paesi europei. In particolare si è fatto il paragone con la Francia e la Germania: in realtà questo dato prova esattamente il contrario, cioè che in Italia i migranti sono di più perché sono molti di più coloro che ne fanno richiesta, mentre in Francia e Germania sono meno, perché hanno acquisito già la cittadinanza con maggiore facilità (proprio perché c’è lo ius soli e perché la cittadinanza viene concessa dopo 5 anni di residenza, mentre in Italia c’è ne vogliono 10+4).

Il ministro dell’Interno ha fornito i dati anche più disaggregati, dai quali si evince che noi abbiamo concesso nel 2023 oltre 200 mila cittadinanze, contro le 180 mila della Germania; poi, per essere ancora più convincente, il ministro ha affermato che oltre il 26% di queste cittadinanze hanno riguardato i minori da 0 a 14 anni, senza riflettere che anche questo dato disaggregato prova il contrario di ciò che sostiene il Ministro.

Chi sono questi minori (circa 50 mila, un quarto del totale)? Sono i figli d’immigrati che, dopo 14 anni di residenza in Italia, hanno ricevuto la cittadinanza e quindi la trasmettono ai figli minori. Questo dato non è contemplato né in Francia né in Germania, dove, in virtù dello ius soli, tali minori ricevono la cittadinanza automaticamente, a prescindere dalla cittadinanza dei genitori. Infatti la percentuale di stranieri sul totale della popolazione, in Francia ed in Germania, è quasi più bassa che in Italia. Ma se si guarda alla percentuale di cittadini di origine straniera che hanno acquisito la cittadinanza in Germania, siamo al 20%; in Francia ancora di più, il 23%. Cioè un quinto dei cittadini tedeschi è di origine straniera ed un quarto dei cittadini francesi è di origine straniera.

Quindi non soltanto occorre lo ius soli, ma serve rivedere anche la norma sulla naturalizzazione degli adulti, che in Italia prevede 10+4 anni di residenza stabile mentre la media europea è di 6,8 (se la media è quella ci sono paesi che prevedono solo tre anni e comunque i paesi più grandi, Germania e Francia sono a cinque anni).

Quindi, di che parla il Ministro?

Il fatto è che per le destre al governo il nodo è mantenere un approccio discriminante, che in misura minore permane anche nella versione dello ius scholae. Perché che i bambini nati qui frequentino le scuole dell’obbligo, lo dice la parola stessa, è un obbligo: quindi perché non riconoscergli automaticamente la cittadinanza? Perché riconoscergliela soltanto in seguito? Perché durante la scuola devono continuare ad essere discriminati e differenziati rispetto agli altri?

Il generale Vannacci, con il suo ghigno insopportabile, sostiene che la cittadinanza deve essere data a chi la merita ed è disposto a morire per la Patria. Ma non e così, e la sua affermazione dimostra la totale ignoranza della nostra Costituzione e della Carta dei diritti Umani delle Nazioni Unite, nelle quali la cittadinanza non è identificata come un premio “per chi se lo merita”, bensì è un diritto fondamentale di ogni essere umano.

Pietro Soldini

Pubblicato il 12 Settembre 2024