La guerra in Ucraina: una trappola statunitense
Molti si sono chiesti come fosse possibile che l’offensiva dei battaglioni ucraini, armati fino ai denti con armi modernissime e diretti dagli Usa e dalla Nato, sia riuscita a rioccupare (non, come vedremo, a “liberare”) il 9% dei territori russofoni liberati dalle truppe russe, sia attraverso scontri diretti che per il loro ritiro su posizioni più difendibili, in attesa che il “generale inverno” congeli la situazione per molti mesi. Per trovare una risposta occorre fare un passo indietro e ricorrere all’aiuto di due “professionisti”, il Generale Fabio Mini (Capo di Stato maggiore del Comando Nato per il Sud Europa e del Comando Interforze delle Operazioni KFOR, Kosovo Force, nella guerra dei Balcani), e di Richard Hayden Black (ex senatore repubblicano della Virginia, pilota dei Marines in Vietnam, ufficiale di carriera per 31 anni e colonnello del JAG Corps dell’esercito americano). Dopo la caduta del Muro di Berlino Gorbaciov aveva accettato l’unificazione tedesca e l’autonomia dei paesi dell’est, in cambio della promessa americana che la Nato “non si sarebbe spostata di un centimetro ad est”, ed erano state avviate delle conversazioni sulla sua proposta di una “Casa comune europea” e su quella di Bill Clinton sulla “Alleanza per la pace” fra i due Paesi. Ma con la dissoluzione dell’URSS decisa da Eltsin, le cose sono cambiate e in America, sia fra i democratici che i repubblicani, sono prevalsi i “neocons”, che hanno ripudiato la deterrenza e il disarmo, affermando l’idea di un “Nuovo secolo americano” di dominio mondiale unipolare. Secondo il quale l’America non avrebbe mai accettato, anche a costo di una guerra nucleare, il sorpasso economico e tecnologico della Cina, e che ciò esigeva la trasformazione della Nato in una struttura militare offensiva mondiale (con la guerra in Kossovo, in Iraq, le recenti esercitazioni in Australia assieme a Corea e Giappone), la sconfitta della Russia, per impedirle di sostenere la Cina, e il ripristino del pieno controllo sull’Europa che, a partire dalla Germania, si stava rendendo sempre più autonoma, facendo accordi commerciali con la Russia che avrebbero fatto dell’Europa la prima potenza economica mondiale. Le “guerre stellari” dovevano consentire l’attacco nucleare “primo colpo”, neutralizzando in gran parte la risposta avversaria, ma accettando le inevitabile perdite, come sostiene ora la premier inglese Liz Truss. E’ così iniziato l’ingresso, con intenti aggressivi, di tutti i Paesi dell’est europeo nella Nato, con i relativi missili atomici alle porte della Russia (“ad abbaiare alla Russia” ha detto Papa Francesco), ed è tornata la Guerra fredda, ma con i confini spostati 1500 chilometri più ad est, sui confini russi. A completare l’accerchiamento mancava l’ingresso dell’Ucraina nella Nato con l’installazione di missili, e sono così cominciate le esercitazioni congiunte della Nato in Ucraina. Se la Russia aveva subito senza reagire i missili nucleari ai propri confini (a differenza di Kennedy che nella crisi di Cuba aveva minacciato la guerra nucleare mondiale), tuttavia aveva chiesto di mantenere la neutralità dell’Ucraina, non per motivi imperialisti, ma come difesa della propria integrità nazionale. L’Ucraina (“u kraina” cioè “di confine”) era una regione geografica della Russia; a Kiev è nata la prima Russia e la dinastia degli zar che l’ha governata fino al 1598, ma Caterina la Grande era una loro discendente, i Cosacchi ucraini furono i conquistatori della Siberia per l’esercito russo, molti dei maggiori scrittori e poeti russi (come Gogol e Majakovskij) erano ucraini come pure molti dirigenti politici russi, come Trotzky, Krusciov e Breznev. Tre quarti delle famiglie ucraine hanno parenti stretti in Russia. Russo ed ucraino sono due lingue ufficiali (di uno stesso contuinuum dialettale, il suržik; è diffusa la conversazione usando anche alternativamente le due lingue più comprensibili fra loro di molti dialetti italiani); l’ucraino era un linguaggio usato solo nelle poesie e nelle canzoni e il “padre” dell’ucraino, Taras Ševčenko, vissuto nel 1800, lo usava solo nelle poesie ma in prosa scriveva in russo (come in Italia il Porta o il Belli). E’ stato introdotto come lingua ufficiale, accanto al russo, da Lenin. Tutti in Ucraina sanno il russo ma solo la parte occidentale conosce l’ucraino, lo stesso Zelensky ha dovuto studiarlo, perché lo capiva ma non lo sapeva parlare. Lenin aveva dato autonomia all’Ucraina, ma assomigliava a quella delle Regioni in Italia; solo con la fine dell’Urss l’Ucraina ha visto sorgere il suo primo Stato indipendente sella storia. Insomma, era una situazione peragonabile a quella dell’unificazione italiana o, per altri versi, alla frattura fra Regno d’Italia e la Repubblica di Salò. Anche gli Stati Uniti hanno fatto una lunga sanguinosa guerra contro la secessione dei sudisti. In realtà le Ucraine sono due, drasticamente contrapposte da secoli, quella dell’ovest che ha combattuto nelle Waffen-SS Galizien, massacrando russi ed ebrei, contro quella dell’est, che ha combattuto i nazisti con l’Armata Rossa. Inoltre, come sottolineava Kissinger, “l’ovest è in gran parte cattolico; l’est in gran parte russo-ortodosso, l’ovest parla ucraino, l’est parla soprattutto russo”. La cosiddetta “profezia di Kissinger”, del marzo 2014, spiegava che “l’Occidente deve capire che, per la Russia, l’Ucraina non potrà mai essere solo un paese straniero”, e “trascinare l’Ucraina in un confronto tra Est e Ovest avrebbe impedito per decenni di portare la Russia in un sistema internazionale cooperativo”, ma non è questo che interessa a Biden. I neocons hanno assunto il controllo della politica estera americana, proclamando la “lotta del Bene contro il Male”, cancellando gli accordi di disarmo. Gli attuali esponenti dei neocons sono Victoria Nuland, sottosegretaria di Stato americana (che ha diretto il golpe nazista di Maidan che ha cacciato il presidente ucraino democraticamente eletto ed ha spinto nel 2008 per l’ingresso di Ucraina e Georgia nella Nato) e il marito Robert Kagan, che ha affermato: “L’unica visione che possiamo accettare è quella di un mondo dominato dagli Stati Uniti d’America, non bisogna vergognarsi di dire che va imposta anche con la forza, se necessario… bisogna eliminare con ogni mezzo l’influenza che ha la Russia su qualsiasi Paese straniero. La Russia è il cancro e noi siamo la cura”. Coerente con tale obiettivo, il golpe di Maidan è stato orchestrato e diretto dalla Nuland (che ha usato le milizie naziste provenienti dalla Galizia, ha detto “Fuck Europe”, “che l’Europa si fotta”, e ha spinto all’incendio del palazzo del Governo, cacciando il presidente democraticamente eletto e dettato la lista dei ministri del nuovo governo), e da Biden, allora vicepresidente che si è recato a Odessa per un colloquio anche con le formazioni naziste, il giorno prima che queste effettuassero il massacro alla Casa dei Sindacati (bruciando chi stava all’interno e finendo a picconate chi tentava di fuggire), ed ha costretto Zelensky, in cambio di aiuti militari, a mettere il proprio figlio, Hunter (cacciatore) alla direzione della Burisma, il gruppo petrolifero ucraino tra i maggiori operatori nell’Europa orientale con interessi anche in Occidente. Gli agenti federali hanno detto di avere le prove per incriminarlo. I protocolli di Minsk, promossi da Francia e Germania e firmati da Russia, Ucraina e le repubbliche autonomiste, che avrebbero evitato la guerra, hanno visto l’opposizione degli Stati Uniti, che hanno costretto l’Ucraina a ritirare la firma il giorno dopo che l’aveva apposta. Nel 2014 i 43 battaglioni neonazisti ucraini appena formati, che il Consiglio dell’ONU per i diritti umani aveva detto che “devono essere considerati illegali e devono esser disarmati, sciolti e mandati a processo”, poi integrati nell’esercito, hanno iniziato una guerra di sterminio contro il Donbass russofono, con 19.000 morti civili in 8 anni, nella completa indifferenza dell’Occidente. Così la Galizia neonazista ha inteso colonizzare, col governo golpista, l’intera Ucraina, sottomettendo la parte orientale, maggioritaria, e privandola dei suoi diritti e della sua identità. Solo i combattenti che difendevano il Donbass possono essere considerati “partigiani” e non certo i battaglioni nazisti che l’attaccavano. Naturalmente l’intervento statunitense, che usa gli ucraini in una guerra per procura contro la Russia, è giustificato con la lotta della democrazia ucraina contro l’assolutismo russo, ma è arduo definire l’Ucraina una democrazia dopo il golpe del 2014 di Maidan, le successive elezioni a cui non ha partecipato la metà russofona del paese che non accettava il governo golpista, le onorificenze allo sterminatore nazista Bandera come eroe nazionale (celebrato con francobolli, una festa nazionale per la sua data di nascita, le centinaia di monumenti a lui dedicati in tutta l’Ucraina occidentale), la messa fuori legge di tutti i partiti di sinistra, le continue epurazioni, il potere degli oligarchi che usano Zelensky come un attore-marionetta, il divieto alla popolazione russofona di parlare la propria lingua, imponendo l’ucraino, parlato da metà della popolazione (che parla anche il russo) e proponendo come seconda lingua ufficiale l’inglese al posto del russo. La spesa militare degli Stati Uniti, che è il 38% del totale mondiale, supera di dodici volte quella russa, mentre Germania, Gran Bretagna, Francia e Italia, assieme, la superano di tre volte, ma l’impegno è di aumentarla al 2% del Pil. Dal 2012 la spesa militare dell’Ucraina è cresciuta del 142%, finanziata dagli Stati Uniti per garantire l’inter-operabilità con gli eserciti Nato, trasformandola, anche con numerose esercitazioni comuni, in un paese di fatto, anche se non ufficialmente, della Nato, col secondo esercito più potente d’Europa. L’invasione russa è quindi partita da una posizione di grande inferiorità militare. “Nel 2021 – spiega Hayden – l’Ucraina stava ammassando una grande quantità di truppe per l’attacco pianificato al Donbass, Putin ha fatto un disperato tentativo di fermare la marcia verso la guerra e nel dicembre ha presentato alla Nato specifiche proposte scritte di pace per disinnescare ciò che stava per accadere, ma i vertici della Nato l’hanno ignorato. A quel punto Putin è stato costretto ad attaccare per primo, con quel che aveva a disposizione, per cercare di prevenire la battaglia che si stava profilando e non si trattava di un attacco precedentemente pianificato. La regola di base di un attacco è che l’attaccante deve avere sempre un vantaggio di 3 a 1, in uomini, carri armati, artiglieria, aerei, rispetto aall’avversario. La Russia invece aveva solo 170mila uomini contro i 250mila ucraini che erano stati ammassati contro il Donbass. La Russia credeva davvero di poter condurre questa operazione senza causare indebite perdite agli ucraini, perché pensava agli ucraini come a dei fratelli, con cui poter avere buoni rapporti. C’è una famosa foto con un carro armato russo che è stato fermato da un gruppo di circa 40 civili, che ha bloccato la strada. Posso dirvi che in Vietnam, se un gruppo di persone si fosse messo in mezzo al passaggio di un carro armato americano, quel carro armato non avrebbe rallentato minimamente, non avrebbe suonato il clacson, non avrebbe sparato un colpi di avvertimento, sarebbe semplicemente andato avanti. Le regole di ingaggio dei russi erano molto caute, non volevano creare grande odio e animosità, non hanno bombardato la rete elettrica, i sistemi di comunicazione, i sistemi idrici, i ponti, il centro di Kiev, e così via, hanno cercato di mantenere le infrastrutture dell’Ucraina in buono stato, perché volevano solo che tutto finisse e si tornasse alla normalità. Non ha funzionato. Non credo che l’Ucraina abbia voce in capitolo nella scelta tra la pace e la guerra, la decisione nel merito viene presa a Washington DC. Finché gli Stati Uniti vorranno che la guerra continui, la combatteranno usando gli ucraini come intermediari, fino alla morte dell’ultimo ucraino”. Anche il Generale Mini spiega che “le informazioni, i piani, le mappe, gli obiettivi glieli dà qualcun altro (Usa, GB), loro si limitano solo ad eseguire fedelmente ciò che gli viene ordinato. Non è una riscossa nazionale”, è la manovalanza di una guerra per procura. Anche il New York Times ha confermato la presenza di un folto stuolo di “commando” americani, e non solo, per combattere in Ucraina con le nuove armi. Annettendo il territorio del Donbass, la Russia si è presa la responsabilità di rifornirne la popolazione. I nuovi coscritti verranno usati durante la stasi invernale per sostituire le 50.000 unità nelle retrovie, usate per la logistica, permettendo l’avvicendamento di quelle operative sul fronte. I media occidentali danno una visione completamente distorta del conflitto, dando spazio alle “fake news” propagandistiche ucraine, perché la guerra è combattuta anche con l’informazione distorta. “La prima vittima della guerra è la verità”, diceva Winston Churchill. Segolene Royal, candidata socilista alla presidenza della repubblica francese, ha detto che è ora di finirla con la falsificazioni come Bucha e Mariupol, mentre ‘Medici senza frontiere’ ha denunciato l’uso di scudi umani negli ospedali per coprire la presenza dei battaglioni. L’ultima bufala è quella delle dentiere d’oro strappate agli ucraini, che facevano invece parte degli strumenti di un dentista ed erano oltretutto d’acciaio. Negli Stati Uniti si contrappongono due linee: quella di chi vorrebbe giungere alla pace con una trattativa che cristallizzi la situazione esistente, e quella dei neocons che intende andare fino in fondo, attaccando anche in territorio russo, usando anche le armi atomiche, per giungere al cambio di regime in Russia, alla sua dissoluzione in vari Stati, come è avvenuto per l’Urss, ad un nuovo processo di Norimberga per Putin, ma l’obiettivo finale resta sempre la Cina. Un riflesso di questo scontro interno è dato dalla denuncia statunitense dell’assassinio di Darya Dugin da parte del governo ucraino, per dare un altolà alle sempre più frequenti operazioni terroristiche portate avanti autonomamente dalle forze ucraine, senza il via libera statunitense e alle crescenti pressioni di Zelensky, che ha chiesto un attacco atomico preventivo contro la Russia, incurante delle conseguenze. Anche le imprese belliche americane che fornivano le armi all’Ucraina hanno annunciato di aver finito le scorte. In compenso Biden ha annunciato l’arrivo dell’Armageddon. Del resto le esercitazioni in Australia della “nuova Nato” mondiale sono un passo avanti importante nella “Terza guerra mondiale” in atto, come aveva denunciato il Papa Francesco, ma anche gli osservatori geopolitici più attenti. Il vero scontro per l’egemonia globale è fra gli Stati Uniti e la Cina, fra una egemonia globale in declino ed una in ascesa, ma l’Europa che ruolo vuole giocare? Definire “una farsa” i referendum, prima quello della Crimea ed ora quello dei territori liberati dai russi, significa ignorare la realtà, già riconosciuta da Kissinger, e cioè che quei territori sono abitati da russofoni massacrati da otto anni dalle armate naziste ucraine, che vedono i russi come fratelli liberatori e naturalmente aderiscono in massa al referendum, come testimoniano molti osservatori neutrali. Anche Elon Musk, fondatore di Tesla, ha affermato che la maggior parte dei residenti nelle regioni orientali dell’Ucraina sono russi, e quindi preferiscono la Russia. Negare validità a questi referendum sulla base dell’intangibilità delle frontiere, nonostante le persecuzioni, non è legittimo da parte di una Nato che ha fatto una guerra proprio per spaccare lo stato della Serbia, colpevole di essere filorusso. La “liberazione”, celebrata dai media e dai governi occidentali, da parte degli ucraini delle aree conquistate dai russi, significa l’inizio di un nuovo incubo e la continuazione di una guerra di repressione feroce già sperimentata per otto anni. Gli Stati Uniti hanno spinto l’Europa sulla strada delle sanzioni (che non comporta per loro alcun danno, data l’esiguità degli scambi con la Russia, ed anzi li fa guadagnare esportando gas e petrolio di scisto a prezzi altissimi), proprio per indebolirla il più possibile, eliminando così un concorrente e riportandolo sotto il proprio pieno controllo politico. La Germania ha dovuto subirne l’imposizione, ma vi si fa strada la consapevolezza che le sanzioni sono state un enorme danno soprattutto per l’Europa, e rischiano di portarla alla dissoluzione, con una “tempesta perfetta” economica e migliaia di fallimenti di imprese, col relativo corollario di disoccupati, rischiando, come dice il premier belga, la deindustrializzazione del continente. Angela Merkel è riapparsa per dire che “le proposte di Putin andrebbero prese sul serio”. Per questo avanza la richiesta di porre fine alle sanzioni. Anche lo stanziamento di 200 miliardi per l’economia tedesca, se mette in crisi l’Europa, significa che la Germania (seguita dalla Francia) non è più così disponibile ad immolarsi per i nazisti ucraini e supportare il loro colonialismo interno antirusso. Emergono contraddizioni anche nell’ambito della Nato, che hanno costretto Stoltenberg a ricordare che per l’ingrasso dell’Ucraina occorre l’unanimità. Infatti diversi Paesi, come Francia e Germania, non vogliono andare oltre, mentre l’Italia, assieme ad Ursula von der Leyen, presidente europea, a Roberta Metsola, presidente del Parlamento europeo, ed ai verdi europei, restano fra i bellicisti che vogliono inviare ancora tante armi in Ucraina. Gli enormi sacrifici imposti dai governi neoliberisti europei alla propria popolazione stanno portando tutti i paesi, dalla Svezia all’Italia, ma altri seguiranno, verso l’estrema destra. Comunque la Germania aveva fatto un accordo sottobanco con la Russia per importare gas a un prezzo inferiore a quello di mercato, sulla base di una reciproca convenienza, ma proprio questa fronda tedesca ha portato gli Stati Uniti (o chi per loro) a sabotare i due Nord Stream, per impedirne definitivamente la riapertura, come del resto aveva promesso Biden lo scorso 4 febbraio quando ha detto che “non ci sarà più un Nord Stream 2, gli metteremo fine, e vi garantisco che saremo in grado di farlo”. Anche l’attacco al ponte in Crimea è un gioco americano molto pesante, che sembra la fotocopia di quello ai gasdotti Nord stream, e assieme alla distribuzione di iodio alla popolazione ucraina sembra voler provocare una risposta nucleare russa. Del resto che gli Stati Uniti avessero nel mirino anche l’Europa è reso evidente dal fatto che, già dal ’97, hanno battezzato i Paesi dell’est, reazionari ma filoamericani, col nome di Nuova Europa, per usarli, dopo averli fatti entrare nella Nato, anche se non ne avevano i requisiti secondo il Trattato dell’Alleanza Atlantica, non solo in funzione antirussa, ma anche anti “Vecchia Europa” dell’Occidente, per riportarla pienamente sotto controllo e sancendo la fine dell’Unione europea. Un documento strategico della Rand Corporation, del 25 gennaio, citato da Larry Johnson, giornalista ex agente della Cia, dal titolo “Indebolimento della Germania e rafforzamento degli Stati Uniti”, prospetta per l’Europa una recessione pesante e prolungata, con un forte aumento dei disoccupati, il panico nei mercati finanziari e la conseguente caduta, e forse rottura, dell’euro, che comporterà un rafforzamento della situazione finanziaria americana ed una fuga di cervelli, di lavoratori qualificati e di giovani ben istruiti, verso gli Stati Uniti, che rafforzeranno così il loro primato tecnologico. Dunque sarebbe ora, anche per l’Europa, di ritrovare la propria indipendenza (senza nuovi colonialismi interni tedeschi) affrancandosi dal dominio statunitense, per decidere il proprio futuro e per essere un fattore di pace e stabilità nel mondo.
Giancarlo Saccoman
Pubblicato il 16 Ottobre 2022