La Toscana sott’acqua
A pochissimi mesi dalla devastante alluvione che ha colpito l’Emilia-Romagna, stavolta è la Toscana che conta i danni e soprattutto i morti. Nel momento in cui scriviamo sono otto le vittime accertate nelle province di Prato, Firenze e Livorno, circa 5.000 gli isolati, 9.000 sono le persone senza elettricità, e molti i problemi di potabilità dell’acqua nelle aree alluvionate. La stima dei danni, ovviamente parziale, è di almeno 500 milioni di euro.
Nella notte tra il 2 e 3 novembre, a causa di intense precipitazioni e con venti che hanno soffiato anche a 120 km orari, i fiumi hanno rotto gli argini inondando tutto. Un caso su tutti è Campi Bisenzio (Firenze), già alluvionata nel 1991, che è finita nuovamente sott’acqua. Le cronache sui media di questi giorni hanno descritto la vastità del disastro in maniera dettagliata, provincia per provincia, comune per comune, che ha interessato anche gli ospedali a Prato e a Pontedera, ma anche a Empoli e a Borgo San Lorenzo. La scena che si è presentata la mattina di venerdì 3 è stata apocalittica, tra muri crollati, abitazioni e negozi invasi da fango e acqua, auto ribaltate e trascinate chissà dove, strade allagate, frane, tronchi d’albero ovunque.
La memoria è tornata all’alluvione del 1966 che devastò Firenze.
Una straordinaria ondata di solidarietà
E nelle difficoltà, nell’assenza o quasi dello Stato, la popolazione toscana (e non solo) ha dato il meglio di sé e, proprio come gli “angeli del fango” del 1966, tanti giovani si sono subito mobilitati in autonomia per distribuire sacchi di sabbia e aiutare a spalare il fango. Tanti hanno messo a disposizione le loro competenze da idraulico o elettricista, così come molti ristoratori hanno offerto pasti caldi, chi la possibilità di fare una doccia calda a soccorsi e soccorritori. Una solidarietà che fa sciogliere come neve al sole un caposaldo dei pregiudizi promossi da chi continua a sostenere che questo è il migliore dei mondi possibili, e cioè che “l’uomo” è individualista per natura.
Niente di più falso; anzi, in una foresta di interessi, opportunismi e capitale, c’è un sottobosco, ricco, variegato e fertile che val la pena di coltivare.
Fra i volontari, attivi fin da subito, molti Compagni e Compagne delle Camere del Lavoro della CGIL, le operaie e gli operai della ex-Gkn che hanno utilizzato la loro idrovora e le loro braccia assieme ai lavoratori in vertenza di Mondo Convenienza, il CPA Firenze Sud ed il Cantiere sociale Camillo Cienfuegos, tanti circoli Arci, le Brigate di solidarietà Attiva, i soci della Società Sportiva Centro Storico Lebowski e 70 giocatori della società Atletico Castello.
Dunque, la popolazione si è rimboccata le maniche, ma ha trovato anche la forza di protestare perché sostanzialmente abbandonata a sé stessa; in tantissimi hanno dovuto acquistare pale, torce, stivali, sacchi e ripulire il fango, creare barriere anche in vista del nuovo allerta meteo nella notte tra sabato e domenica. Proprio come denunciato a maggio dagli alluvionati dell’Emilia-Romagna, in alcune zone non si è vista nessuna forza istituzionale di soccorso.
Anche i tifosi della Curva Fiesole della Fiorentina calcio si sono mobilitati richiedendo il rinvio di Fiorentina-Juventus: “Pretendiamo rispetto per le vittime, i familiari e chi ha perso tutto in poche ore e si trova ancora abbandonato, senza luce e gas”, hanno detto, ma la macchina da soldi del calcio capitalistico “moderno” ha rifiutato il rinvio.
L’ennesimo disastro figlio della cementificazione
La solidarietà è un atteggiamento sempre positivo, che unisce e compatta, soprattutto nelle difficoltà. Ma il dramma in corso non nasce dal nulla, ci sono precise responsabilità politiche. E’ noto da sempre infatti che le zone devastate dall’alluvione sono prevalentemente situate in aree tradizionalmente fragili e soggette a inondazioni, eppure le istituzioni politiche toscane ha fatto nulla o poco per fronteggiare queste problematiche; quello che invece sono stati capaci di fare in fretta è stato favorire l’inaudito consumo di suolo, la cementificazione e lo sviluppo selvaggio di nuovi insediamenti industriali, commerciali e abitativi proprio là dove non si doveva, causando una vera e propria aggressione al territorio che ogni tanto (adesso dovremmo dire ogni poco), presenta i conti.
Dal recente rapporto Ispra risulta ad esempio che nel triangolo Firenze-Prato-Pistoia il consumo di suolo è stato fino al doppio della media nazionale, mentre Campi Bisenzio è stata nel 2022 la terza in Toscana per ettari conquistati dal cemento e ad oggi ha una percentuale di suolo “costruito” del 32,39%. Come si può allora giustificarsi parlando di “fatalità” e di “eventi imprevedibili” come hanno fatto i funzionari regionale toscani?
Anche la disputa sul colore dell’allerta è una foglia di fico, poiché è lo stesso capo della Protezione Civile, Fabrizio Curcio, che spiega di come “alla fine tra rosso e arancione cambia poco. Se si vanno a leggere gli impatti di un’allerta arancione prevede rischi per la vita umana e pericoli importanti”. Il fatto è che per non disturbare i cementificatori, si preferisce investire parzialmente e male sulle emergenze, che sulla prevenzione. Sul fronte indennizzi, è a nostro avviso ridicolo e insufficiente lo stanziamento da parte del governo Meloni di appena cinque milioni di euro; in ogni caso, ricordiamo poi che è lungo l’elenco delle promesse e dei soldi mai stanziati per le catastrofi ambientali, a partire dalla recente Emilia-Romagna, fino alla remota Irpinia.
E’ vero che in Toscana non pioveva con questa intensità da almeno 50 anni, ma ben noti erano i rischi che correva il territorio già prima dell’alluvione. Secondo i dati della piattaforma IdroGEO dell’Ispra (Istituto Superiore per la protezione e la ricerca Ambientale) in Toscana quasi un milione di abitanti è esposto al rischio di alluvione e nella provincia di Prato, una delle più colpite, oltre 75mila abitanti sono a rischio. Arpat afferma che proprio nelle province di Prato, Pistoia e Livorno ci sono le percentuali più elevate di suolo consumato ossia dove si è verificata la perdita di risorse ambientali fondamentali originariamente agricole, naturali o seminaturali. Questo significa che i dati e la consapevolezza c’è ma che manca la volontà politica di risanare il territorio, attuare i piani di emergenza, di stanziare fondi sufficienti e lavorare affinché tragedie come queste non si verifichino.
“Parlare bene e razzolare male”
Tutti parlano di “consumo di suolo zero” ma poi nell’ordinario chi amministra si comporta in maniera opposta: “parlare bene e razzolare male” si dice in Toscana. Un detto grezzo, popolare, ma che, come tutti i modi di dire, rende bene l’idea. Basti vedere il progetto del nuovo aeroporto previsto nella Piana fiorentina alluvionata, che necessiterebbe di un’ulteriore impermeabilizzazione di suoli per oltre 140 ettari, oltre ai 100 esistenti, con ulteriori ed evidenti rischi idrogeologici. E’ chiaro che non basta sfilare nelle zone disastrate in piena emergenza mentre si indossa un giaccone della protezione civile nuovo di zecca.
“Non aduliamoci troppo tuttavia per la nostra vittoria umana sulla natura. – affermava Friedrich Engels – La natura si vendica di ogni nostra vittoria. Ogni vittoria ha infatti, in prima istanza, le conseguenze sulle quali avevamo fatto assegnamento; ma in seconda e terza istanza ha effetti del tutto diversi, impreveduti, che troppo spesso annullano a loro volta le prime conseguenze.” (1). Un concetto semplice, chiaro, diretto, evidente già nell’ultimo quarto dell’800. Eppure il profitto e la speculazione non imparano nulla. Non possono. E allora non rimane altro da fare che gettarli “nella pattumiera della storia”. Analogamente non imparano nulla nemmeno gli amministratori, eppure gli strumenti li hanno. Il problema è che anche loro servono tutt’altro che l’interesse pubblico.
È importante dare forza ai movimenti ambientalisti, in primo luogo per costringere le sorde e inette istituzioni locali, regionali e nazionali a darsi una smossa per mettere finalmente in massima sicurezza i territori e garantiscano comunque adeguato supporto alle masse popolari in presenza di questi eventi. Quanti morti e devastazioni ancora ci devono essere?
L’area programmatica ‘Le Radici del Sindacato’ Toscana della CGIL, i cui compagni e compagne hanno fatto dove presenti quel che hanno potuto, esprime solidarietà e vicinanza alle popolazioni coinvolte in questa ennesima tragedia, che purtroppo ha tutta l’aria di non essere l’ultima.
Enrico Chiavacci
Area programmatica CGIL ‘Le Radici del Sindacato’ Toscana
(1) F. Engels, “Dialettica della natura”, Edizioni Rinascita 1950, p.216
Pubblicato il 12 Novembre 2023