Lo scrutinio è finito: potrà andar peggio di così?
La tempesta perfetta si profila all’orizzonte; avremo una recessione nella migliore delle ipotesi, seguita da una crisi finanziaria che potrebbe far impallidire quella del 2009. In soli 4 mesi le previsioni di crescita del PIL per il 2023 di Italia ed Europa si sono dimezzate, con degli effetti sulla finanza pubblica insopportabili per qualsiasi Stato. Solo l’Italia, in pochi mesi, ha incrementato la spesa per il servizio del debito di oltre mezzo punto al netto dell’aumento dei tassi di interesse della BCE, unitamente ai ranking delle peggiori finanziarie che declassano il nostro paese.
In aggiunta, dobbiamo considerare anche il silenzio delle istituzioni europee. Next Generation EU è un lontano ricordo e gli Stati europei reagiscono agli effetti della guerra e delle relative sanzioni da soli, senza nessun reale coinvolgimento della Commissione Europea e della BCE. Queste istituzioni europee sembrano muoversi in direzione opposta a quella di un sano economista e/o politico. Non mancano le ragioni tecniche ed economiche per un nuovo Piano Europeo, ma il modus operandi è quello noto: i singoli Stati provvedano da soli a risolvere i loro problemi. Dobbiamo aggiungere la corsa al rialzo dei tassi di interesse delle banche centrali. Nel mondo abbiamo avuto quasi 100 (cento) incrementi dei tassi di interesse senza avere contezza di quale sia il punto di arrivo. Il caso guiderà le decisioni delle banche centrali. Se scenderà mai l’inflazione, l’intervento delle banche sarà tardivo e troppo lento, sempre che non precipiti la guerra in Ucraina.
Le misure di contenimento dei costi delle commodities e dei redditi (di tutti i redditi) dei governi europei ammontano a 315 mld, la metà delle risorse europee destinate a Next Generation EU. Si ripete il film del 2009: gli Stati sono lasciati soli davanti alla crisi che potrebbe intaccare quasi il 30 percento della struttura economica.
La dinamica della crisi è impressionante. Rispetto ad aprile tutti i principali indicatori economici sono peggiorati, con una velocità che non ha precedenti storici, al netto della pandemia. I più recenti report internazionali delineano per il 2023 una crescita negativa e/o prossima allo zero. Sono vere queste previsioni? Se la velocità di decrescita degli indicatori economici di questi ultimi quattro mesi avesse la stessa dinamica nei mesi avvenire, nella migliore delle ipotesi il Pil nazionale sarebbe pari a zero per l’Italia e l’Europa, ma potrebbe anche andare peggio se le istituzioni che “governano” l’Europa continuassero nel loro silenzio e lasciassero gli Stati da soli davanti alla tempesta perfetta che combina crisi reale e, successivamente, crisi finanziaria.
Al momento in pochi hanno la percezione di quello che potrebbe arrivare e, in onestà, nessuno può immaginarlo. Sappiamo solo che potrebbe assomigliare molto al film “La tempesta perfetta” del 2000. Non ci sono modelli che possono catturare l’incertezza di questa crisi. Mese dopo mese le proiezioni economiche e del Pil in particolare cambiano; non di decimali, piuttosto di punti di Pil. C’è della malizia politica? Forse, ma la sensazione è quella di una classe dirigente europea e nazionale che brancola nel buio e, nel “buio”, si affida ai noti e consumati modelli, abiurando anche Next Generation EU.
Nessuno Stato europeo può risolvere da solo la tempesta perfetta alle porte, nemmeno la forte e consolidata Germania e la grandeur francese. È una tempesta troppo grande. Il nazionalismo di casa nostra come quello di altri Paesi può solo aggravare la situazione.
All’Europa non serve Draghi e/o Christine Lagarde, piuttosto un nuovo, anche nel profilo, Henry Kissinger. Non si tratta di avere o meno maggiore agibilità nei bilanci pubblici nazionali, piuttosto di una nuova e prospettica agibilità di bilancio europeo.
Finita la campagna elettorale qualcuno/a dovrà governare, sebbene nessuno sembra candidarsi seriamente a governare il Paese.
Per ricostruire un orizzonte europeo è necessario uscire dalla irreprensibilità dei conti, dalla austerità e dal buon padre di famiglia; servirebbe una giusta e sana diplomazia. La nuova geografia economica internazionale la impone. Cina, Stati Uniti ed Europa, come i Paesi emergenti, necessitano di una nuova organizzazione e nessuno può permettersi il lusso di fare da sé.
Ogni giorno assistiamo ad eventi che si rincorrono assieme a brutte notizie che si accumulano. Ci sono tutte le condizioni per un New Deal europeo, sebbene gli interessi di piccolo cabotaggio, penso a quelli inconfessabili di Norvegia e Olanda, come quelli di società quasi pubbliche, facciano la voce grossa. Nel 1929 c’è stata una rivoluzione economica ed è questo quello che dobbiamo perseguire. Se non accadesse ciò, la Rivoluzione francese del 1789 potrebbe diventare un buon paradigma moderno.
Roberto Romano
Pubblicato il 27 Settembre 2022