L’orologio dell’Apocalisse mai così vicino alla catastrofe

Il ciclone-Trump e la brusca accelerazione della storia: sullo sfondo dell’enorme debito americano

“Ci sono giorni che valgono anni e anni che valgono giorni”, diceva Marx. Ed è ciò che sta succedendo oggi, nell’anno della grande incertezza, con una brusca accelerazione della storia, con un drammatico rapidissimo mutamento degli scenari globali dallo scoppio del ciclone Trump, un palazzinaro che guarda soprattutto al soldo, con il suo burattinaio Elon Musk, il tycoon protettore di tutti i fascisti del mondo.

La pazzia imperversa, con il progetto di uno scintillante paradiso balneare per turisti americani danzanti, una volta sgomberate le macerie e i palestinesi che ora le abitano, ma anche con la conquista di Panama (per il Canale), della Groenlandia (per le ricchezze minerarie), del Canada (grande fornitore di petrolio). Ma dietro ad ogni follia c’è sempre un problema che si vorrebbe risolvere: si tratta dell’enorme debito americano, derivante dal costo del dominio americano dei mari (con 7 flotte dislocate in tutti gli oceani) e di terra (con 800 basi militari all’estero, spesso con missili nucleari).

Al debito pubblico di 36.200 miliardi (oltre il 130% del Pil e circa 7 volte le entrate), in continua ascesa, si aggiunge il debito della FED di 20.000 miliardi, mentre il deficit della bilancia commerciale a gennaio era di 131,38 miliardi, in crescita del 34% rispetto al mese precedente, ma quel che più preoccupa è il costo del debito, che ammonta a 882 miliardi, il doppio di quattro anni fa e ogni anno il Paese aumenta il suo debito per mantenere quello già esistente, entrando in un circolo vizioso che rischia di soffocare l’economia.

Si tratta d’una voce sulla quale il governo USA non può avere un controllo diretto e dunque il vero problema è quello di riportarla su una traiettoria controllabile. Oltretutto gli USA hanno perso l’egemonia nel commercio mondiale, che non si regge più sull’Occidente, e l’obiettivo dei BRICS, è quello di sostituire il dollaro nelle transazioni e come moneta di riserva, il che priverebbe gli Stati Uniti del loro “signoraggio del dollaro”, che è stata finora la gallina dalle uova d’oro e che li costringerebbe ad un brusco ridimensionamento del loro tenore di vita a debito. È chiaro che questa situazione non è più a lungo reggibile ed è questo il motivo d’un forte ridimensionamento di tali deficit con un drastico taglio dei dipendenti pubblici (da parte del DOGE, il dipartimento per l’efficienza governativa, di Elon Mask), il varo di sanzioni pesantissime e il taglio della spesa bellica, insieme ad una reimportazione delle attività produttive, fortemente esternalizzate negli ultimi decenni, ma si tratta d’una impresa molto difficile, con risvolti che penalizzano l’economia americana e faranno esplodere l’inflazione e il disavanzo, peggiorando le condizioni di vita e determineranno una perdita di consensi elettorali. Si tratta chiaramente del declino del ruolo degli USA come potenza globale egemone, e Trump non è più disponibile a pagare il costo dell’egemonia, ma anche l’Europa è in declino, dato che la sua capitalizzazione di mercato era il 34% del totale nel 2000 ed è scesa al 14,5% odierno.

È giunta l’ora della verità. Trump sostiene il “Make America Great Again (MAGA)”, con la guerra, ma quella economica, anche perché ha preso atto della sconfitta della “guerra lunga” militare di Biden, e ha cancellato, in pochi giorni, dopo ottant’anni, la mitologia postbellica della NATO, come ombrello di difesa. Emerge finalmente per quel che è, uno strumento di lotta contro l’URSS e di controllo dei Paesi occidentali, anche con mezzi eversivi (Gladio Stay behind, l’Anello, la P2, le Stragi di stato con manovalanza fascista, i tentativi di golpe) e non c’era bisogno di difendersi, perché Churchill ha elogiato Stalin per essersi rigidamente attenuto agli Accordi di Yalta. Trump ha detto che la Russia non è un nemico, smontando la tesi tossica di Biden, del tutto falsa, d’un pericolo di aggressione russa all’Occidente. Va studiata bene la storia.

Le cause dell’invasione russa in Ucraina sono difensive, come ha spiegato il professor Alessandro Barbero. La Russia è nata in Ucraina, i suoi migliori poeti e scrittori erano ucraini, i politici erano spesso ucraini (Trotzky, Krusciov e Breznev), quasi tutte le famiglie ucraine hanno parenti in Russia (come da noi fra sud e nord), c’è maggiore comprensione fra ucraino e russo che   fra l’italiano ed alcuni dialetti. Inoltre, non esiste una nazione ucraina e un popolo ucraino, come si può vedere dalla netta divisione nel voto elettorale. Kissinger aveva sconsigliato l’aggressione alla Russia spiegando che i russi non avrebbero mai accettato un’Ucraina separata e nemica. Il paragone in Italia è il separatismo siciliano di Salvatore Giuliano e quello della Repubblica Sociale Italiana. Anche la “pace giusta” con l’inviolabilità dei confini non è sostenibile dopo la guerra della NATO che ha spezzato la Serbia, e su tale base non avremmo mai fatto l’unità d’Italia. Inoltre, dopo aver garantito a Gorbaciov, in cambio dell’unificazione tedesca, che la NATO non si sarebbe mossa verso est neppure d’un pollice, i “neocon”, dopo il crollo dell’URSS, hanno scelto di strangolare la Russia, con l’intenzione di dividerla in tre stati satelliti, finanziando le “rivoluzioni colorate” e poi il golpe di Maidan, promosso da Biden (allora vicepresidente, che considerava l’Ucraina un suo feudo, ha messo il figlio Hunter, cioè “cacciatore”, poi condannato negli USA ma graziato dal padre, a capo di Burisma, la maggiore azienda energetica pubblica ucraina, facendo cacciare il magistrato ucraino che voleva indagare sui suoi misfatti), assieme alla Nuland (che ha dettato la formazione del governo golpista, dicendo “fuck Europe”, “si fotta l’Europa”) portando due battaglioni dichiaratamente nazisti dalla Galizia e i cecchini dalla Georgia, e che ha messo al bando il russo, imponendo l’ucraino (come se da noi abolissero l’italiano imponendo a tutti il bergamasco) e di fronte alla rivolta delle regioni russofone ha scatenato le milizie naziste, bombardando, torturando e facendo più di 14.000 morti. Dato che era imminente una massiccia offensiva ucraina le repubbliche autonome hanno chiesto l’aiuto della Russia.

Gli USA volevano completare l’accerchiamento della Russia inserendo l’Ucraina nella NATO ed impiantando missili e laboratori di armi biologiche, severamente vietate, sul confine. Si ricordi che per i missili a Cuba Kennedy aveva minacciato una guerra atomica, evitata per il ritiro russo. Zelensky è russofono e non sapeva parlare l’ucraino, era stato eletto per aver promesso la pace e il ripristino del russo, ha firmato gli accordi di pace di Minsk e in Turchia, tutti subito smentiti  perché, come ha spiegato Travaglio “si è lasciato ricattare dagli squadroni della morte finanziati e armati dalla Nato e, sotto la spinta di Usa e Gran Bretagna, ha tradito gli accordi di Minsk, rifiutando una tregua e l’autonomia per il Donbass e il vero obiettivo di Washington era provocare Mosca, attirarla in un conflitto e batterla definitivamente, portando a compimento la Guerra Fredda”. Così l’aggredito che reagisce passa per aggressore. Il Papa aveva denunciato che “la NATO era andata ad abbaiare ai confini della Russia”.

Dopo la svolta di Trump i dirigenti europei, dalla Von der Leyen alla Kallas, ferocemente guerrafondaie, non potendo ammettere la falsità delle ragioni addotte per l’enorme spesa di armi all’Ucraina, hanno rilanciato la guerra, con il riarmo europeo, e Macron, aspirante nuovo Napoleone nucleare,  ha rilanciato il pericolo russo, da sconfiggere in Ucraina, offrendo all’Europa il suo ridicolo ombrello nucleare, che più che una difesa è un enorme rischio di una Terza guerra mondiale in Europa, come è stata denunciata dal Papa e da Trump. Scholz ha promesso “guerra fino alla fine” (di chi?). Rutte, nuovo capo della NATO, ha chiesto agli stati un aumento della spesa bellica ad almeno il 4% del Pil, che significa una marea di miliardi del tutto impossibile per un Paese già indebitato come l’Italia. La Von der Leyen ha lanciato il programma “ReArmEurope” di 800 miliardi, escludendone, per “ragioni d’urgenza”, la discussione in Parlamento Europeo (viva la democrazia!), da finanziare tagliando i fondi di coesione e col bilancio dei singoli stati, fuori dal Patto di stabilità, ma comunque da rimborsare, e Rutte ha precisato che vanno finanziati tagliando la spesa sociale (insomma le bombe le pagherebbero soprattutto i malati e i pensionati), per sostenere la guerra in Ucraina che è comunque già persa per la NATO. Ha anche proposto di riconvertire l’industria automobilistica in industria bellica. Si tratta d’un piano folle per molti motivi. La spesa bellica europea nel 2024 (457 miliardi di dollari) risulta il triplo di quella russa (145,9 miliardi), e quindi non si spiega come ritengano necessario un enorme aumento della spesa militare in Europa. Queste spese non sono destinate a costruire una forza comune, ma a rafforzare i singoli eserciti a cui non mancano i soldi, ma sono un’Armata Brancaleone, penalizzata dalla frammentazione degli armamenti su 27 modelli diversi e dalla mancanza di coordinamento, che sarebbe raggiungibile solo se l’Europa fosse uno stato federale, con un unico comando, ma ciò è fuori discussione. I sistemi d’arma più importanti sono quelli elettronici USA, come Starlink (una mega-costellazione di satelliti con uso bellico di Elon Musk), per cui l’Europa finanzierebbe, almeno al 70%, il mercato bellico americano, con una dipendenza da un privato finanziatore dei partiti neofascisti, ma il software per l’utilizzo resterebbe in mano americana. Vogliono aumentare i dazi alla Russia che hanno fatto male solo all’Europa. Di questo passo, le prossime elezioni saranno vinte sicuramente dai partiti neofascisti in tutta Europa. La Kallas, che ha istituito in Estonia la Polizia linguistica, per multare l’uso vietato del russo (30% della popolazione), ha anche riproposto negli ultimi giorni, dopo un’ipotetica sconfitta della Russia da lei sollecitata, di dividerla in 41 stati indipendenti aderenti alla NATO, nel progetto del “Forum delle Nazioni Libere della Post-Russia”, promosso dalla Jamestown Foundation di Biden, con Polonia, Stati Baltici e Ucraina, che si è riunito anche presso il Senato italiano.

Dunque, occorrerebbe una mobilitazione vera per la pace, mentre le forze italiane di destra e di sinistra (Pd, Cgil e Anpi), a meno d’un ripensamento tardivo, intendono partecipare ad una manifestazione per la “pace attraverso la guerra”, in accordo con la folle ipotesi europea della Von der Leyen. Oltretutto, in una situazione già grave di difficoltà per l’industria italiana, a causa del prezzo del combustibile e per la recessione della Germania, queste nuove spese, del tutto insostenibili, provocherebbero un vero e proprio collasso per l’economia, e soprattutto per la spesa sociale e gli investimenti, della serie “facciamoci del male”. L’orologio dell’Apocalisse non è mai stato così vicino alla catastrofe.

Giancarlo Saccoman

Pubblicato il 11 Marzo 2025