Perché stiamo correndo verso l’apocalisse
Il Doomsday clock, l’Orologio dell’Apocalisse, misura quanto sia vicina la fine del mondo e ha raggiunto il minimo storico di 90 secondi: per capire quel che ci aspetta dobbiamo comprendere cosa ci ha portato all’attuale situazione.
La caduta del muro di Berlino ha segnato la fine del secolo americano e l’inizio di un’epoca di forte debolezza della governanza internazionale, con conflitti crescenti e squilibri emergenti che hanno determinato una fase di caos sistemico, dell’attuale Guerra Grande, di transizione egemonica per la definizione della futura potenza che cambierà gli assetti complessivi del nuovo ordine mondiale. La Cina è oggi l’unico vero concorrente degli Stati Uniti in declino nella lotta per l’egemonia mondiale, e intende promuovere, con i Brics, il superamento dell’unipolarismo statunitense e del monopolio internazionale del dollaro per una governanza multilaterale degli equilibri mondiali e ciò pone all’orizzonte il Terzo conflitto mondiale, previsto, con una visione quasi profetica, dal Papa parlando di guerra mondiale a pezzi, chiamando in causa la Nato che abbaia ai confini della Russia.
Dagli anni ’90 i neocon americani hanno deciso di difendere il dominio unipolare americano contro qualsiasi concorrente (ovviamente la Cina), anche ricorrendo ad un conflitto nucleare, individuando come ostacoli intermedi due avversari da ridimensionare, l’Europa e la Russia (da dividere in quattro stati, subalterni agli Stati Uniti), strangolata portando la Nato ai suoi confini, cercando di completare l’operazione con l’adesione di Ucraina (già di fatto assimilata) e della Georgia; e bloccando anche il porto di San Pietroburgo trasformando, con l’ingresso di Svezia e Finlandia, il Baltico in un mare Nato.
Jeffrey Sachs, della Columbia University, sostiene che “i neocon americani decisero negli anni ’90 l’idea folle che avrebbero messo la Nato in Ucraina e in Georgia… e nel 2014 con un cambio di regime la CIA ha spodestato il governo ucraino, ma gli ucraini non hanno davvero scelto, gli USA hanno scelto per loro, lo hanno imposto, e noi siamo stati parte di questo disastro che avrebbe dovuto essere terminato tanto tempo fa attraverso dei negoziati. Gli ucraini hanno eletto Zelensky (un russofono) per fare la pace e lui aveva firmato con Putin l’accordo di Istambul con la neutralità dell’Ucraina, ma gli Stati Uniti e Boris Johnson sono intervenuti per dire ‘non accettiamo la neutralità ucraina, dovete continuare a lottare’”. Già prima avevano imposto la cancellazione dell’accordo di pace di Minsk, stipulato da Russia, Ucraina, Francia e Germania.
L’obiettivo era quello di sconfiggere la Russia o almeno logorarla con una guerra prolungata. Questa guerra è tra Stati Uniti e Russia, attuata per procura usando l’Ucraina. Ma le sanzioni hanno penalizzato la Germania, portandola alla recessione, hanno allargato i Brics che tentano un’alternativa al dollaro e stanno crescendo fortemente (India 6,5%, Cina, 5% Russia 3,2% più di qualsiasi Paese occidentale), l’Occidente atlantico è sempre più isolato, la controffensiva ucraina è fallita e la Russia avanza. Mentre ormai all’Ucraina manca un milione di soldati. Nato ed UE sono percorse da profonde contraddizioni, complice anche il genocidio di Gaza.
Stoltenberg, a cui succederà a settembre Mark Rutte, primo ministro olandese, fanatico dell’austerità anti-italiana, s’è fatto promotore della guerra fino alla vittoria finale, sollecitando un forte aumento della spesa militare e l’invio di armi più offensive (F16, missili su lunghe distanze, attacco in Russia con armi occidentali, invio di militari occidentali a combattere in Ucraina), perché “più ci prepariamo alla guerra nel lungo periodo, prima potremo terminarla”, sostenendo però, contro ogni evidenza, che “la Nato non è in guerra con la Mosca”.
Ha definito la Russia un ‘can che abbaia ma non morde’, ma quello occidentale è un azzardo molto pericoloso. Gli attacchi missilistici contro la Russia hanno di gran lunga superato i fatti di Cuba, per cui Kennedy aveva avviato la guerra nucleare, fermata in tempo col ritiro dei missili russi. Adesso si è andati ben oltre, perché i missili Nato sono già stati lanciati e l’Occidente non intende fermarsi e ritirarli. È evidente il rischio di superamento di quella soglia che i russi ritengono insopportabile e inaccettabile, per cui scatenerebbero delle contromosse. Dato che la decisione della Nato esige l’unanimità, Stoltenberg ha evitato di convocare il Consiglio, affermando “ogni Paese decida per sé”, ma un attacco diretto di un Paese Nato contro la Russia provocherebbe una sua risposta; ed essendo che l’art. 5 del Trattato della Nato impone l’intervento di tutti gli Stati in caso di attacco verso uno Stato aderente, di conseguenza un attacco con soldati sul terreno da parte di Stati come Polonia e Paesi baltici, ben decisi ad arrivarci, implicherebbe quasi automaticamente la guerra totale, probabilmente atomica. A complicare la situazione, gran parte dei Paesi della Nato devono affrontare verifiche elettorali, con probabili cambi di governo che possono mutare drasticamente il quadro complessivo della situazione geopolitica internazionale, a partire dalla Gran Bretagna e, soprattutto, dagli Stati Uniti, dove la probabile vittoria di Trump favorirebbe una scelta negoziale.
In questa situazione di incertezza, molti affermano la necessità di una vittoria militare, in particolare Macron che, essendo la Francia l’unica potenza nucleare della UE (sia pure risibile rispetto agli arsenali russo e americano), intende proporsi come leader d’un neonato esercito europeo, con l’obiettivo di una vittoria sulla Russia. Sta infatti inviando “istruttori” militari in Ucraina.
La maggior parte dei Paesi della Nato ha consentito l’uso delle armi consegnate all’Ucraina per attaccare la Russia, tranne Spagna, Italia e Ungheria. Anche Scholz era contrario ma poi s’è arreso alle pressioni americane. Nonostante il deciso rifiuto del ministro Crosetto, che si appella al ripudio della guerra della Costituzione italiana, anche l’Italia è ricattabile per il suo debito pubblico elevato, a causa delle probabili ritorsioni della finanza internazionale a direzione statunitense.
In realtà la Germania ha già rivelato la presenza di truppe Nato in Ucraina, sotto forma di “istruttori” che manovrano le armi occidentali più sofisticate, che gli ucraini non sono in grado di gestire. I missili ucraini hanno già colpito più volte Belgorod e perfino l’impianto radar di sorveglianza degli attacchi di missili balistici nucleari di Orenburg, a 2000 chilometri di distanza, segnando un importante passo in avanti verso la guerra nucleare.
Mentre proseguono altre iniziative che avvicinano la Terza guerra mondiale, dall’avvio della Nuova Strategia Offensiva americana con lo sblocco di armi offensive, al potenziamento del “Gruppo Ramstein” che fornisce una continua donazione di attrezzature militari all’Ucraina, a cui Biden ha promesso una rapida adesione alla Nato; il cui statuto vieta però l’ingresso di Paesi con conflitti in corso. Si svolge in questi giorni a Lucerna la farsa della prima “Conferenza di pace dell’Ucraina”, a cui non è stata invitata la Russia, mentre la Cina ha ricusato l’invito.
La Nato e la UE si stanno scomponendo in vari gruppi informali, da cui sono esclusi i Paesi mediterranei, che si convocano su invito: oltre al vecchio Gruppo di Višegrad (Polonia, Cechia, Slovacchia e Ungheria, si sono formati il Quadrilaterale (Usa, Francia, Germania e Gran Bretagna), la Nuova Lega Anseatica (capeggiata dall’Olanda con Danimarca Finlandia, Svezia, Irlanda, Estonia, Lettonia e Lituania, visto con simpatia dalla Germania); il Triangolo di Weimar (fondato nel ’91 da Francia, Germania e Polonia, con un’unità militare comune di pronto intervento, il Battlegroup), e una Schengen militare antirussa (Olanda, Germania e Polonia).
La spesa bellica, incrementata a danno di quella sociale, ha già prodotto i suoi effetti devastanti. “Una società malata punta sempre a destra, e sono sempre i poveri a farne le spese” (Padre Turoldo) e in Europa è già in atto un progressivo spostamento a destra senza incontrare alcuna resistenza.
Von der Leyen, i popolari ed i liberali europei sono sempre più propensi ad alleanze sovraniste, già al potere in Italia, Olanda, Svezia, Finlandia, Austria, Polonia, Ungheria, Lituania, Slovacchia, Grecia e Cipro, caratterizzate dalla persecuzione degli immigrati e dal rigorismo più feroce contro i “parassiti scialacquatori” dell’Europa mediterranea. Dopo l’Italia, anche in Francia e Germania i partiti di estrema destra salgono al primo posto, soli o in coalizione, mentre Macron lotta contro i socialisti per il secondo posto e Scholz lotta per piazzarsi al terzo posto.
Prodi è preoccupato dal rischio di escalation della Nato, e teme l’incidente che potrebbe provocare uno scontro nucleare. Intanto in Italia si moltiplicano le voci che chiedono l’uscita dalla Nato, da Marco Tarquinio, già direttore di Avvenire, candidato PD alle elezioni europee di questi giorni ma sconfessato dal partito, assieme a Rosy Bindi, Cecilia Strada o Sergio Romano, il quale afferma “che la sola sicurezza per l’Europa risiede nella sua neutralità, perché la Nato non fa gli interessi dell’Europa ma del dominio americano”. Virgilio Ilari, presidente della Società Italiana di Storia Militare (Sism), sostiene che “non è la nostra guerra; ci siamo stati trascinati perché abbiamo giocato la nostra sovranità nell’appartenenza al sistema occidentale. In caso di guerra schieriamoci come terza ala, che è l’approccio più realistico possibile per l’Italia nel suo coinvolgimento suo malgrado nella Guerra Grande”.
Giancarlo Saccoman
Pubblicato il 11 Giugno 2024