Previdenza, è sempre più legge ‘Fornero’

Eliana Como: “Meno guadagni, meno prenderai di pensione, più tardi potrai andare in pensione. Davvero è il mondo al contrario, e peggio di questo c’è solo chi non rispetta la promessa di cambiare radicalmente rotta” 

Erano partiti promettendo l’abrogazione della Legge Fornero, Salvini ne aveva fatto addirittura la sua bandiera e blaterava ai quattro venti che, una volta al Governo, la avrebbe cancellata al primo Consiglio dei Ministri. Dopo due anni e tre leggi di bilancio di quelle promesse non resta niente. Se non quanto è scritto nero su bianco nel Piano Strutturale di Bilancio (PSB), il documento che il Governo ha presentato all’Europa per pianificare le politiche economiche dei prossimi anni, nel quale il tema pensioni è affrontato, da un lato, come una voce di bilancio da tagliare, dall’altro, con la previsione di un ulteriore aumento dell’età pensionabile da qui al 2027.

Se queste sono le premesse, che cosa aspettarsi per il futuro? Lo abbiamo chiesto ad Eliana Como, trattandosi di questione epocale, nonostante gli ignobili balletti cui da anni si assiste.

“Tutti ricordano bene – osserva la Portavoce nazionale dell’Area ‘Le Radici del sindacato’ – lo scalpore suscitato dalla notizia secondo la quale sono previsti solo 3 euro di aumento al mese per le pensioni minime, che passeranno da 614 euro del 2024 a 617 nel 2025; l’anno scorso l’aumento fu del 2,7%, ora è del 2,2%, ma siccome il primo aumento valeva solo per un anno, ora lo azzerano e si riparte da 598 euro, cioè dal valore precedente…”.

Il classico gioco delle tre carte…

Sì, utile ad ammettere che stanno dando una elemosina alle pensioni minime, invece che portarle a 1000 euro al mese, come Forza Italia promette dai tempi di Berlusconi. I conti, comunque, si fanno in fretta e infatti l’opinione pubblica ha fortemente contestato questo aumento risibile, che ha più l’aria di una presa in giro. E che, in ogni caso, descrive in modo plastico la differenza tra quello che il Governo millanta e quello che invece sceglie di fare. Ma il punto non sono 3 euro in più o in meno sulle pensioni minime, senza contare che sarebbe meglio allargare la platea dei pensionati e delle pensionate che percepiscono la quattordicesima. Perché il problema delle pensioni da fame va ben oltre le minime (che non necessariamente vanno a chi ne ha più bisogno e purtroppo spesso nascondono sacche di evasione contributiva durante la vita lavorativa). Peraltro, c’è tuttora in ballo la questione del blocco delle rivalutazioni, che ad oggi non sembra ancora del tutto escluso. Se anche lo fosse, non è certo previsto il recupero di quanto è stato tolto negli anni precedenti, a chi lo ha subito, avendo una pensione superiore a 4 volte la minima: che poi stiamo parlando di pensioni da 1600 euro netti al mese, non proprio da super ricchi, per capirci.

Il tema, evidentemente, è più complessivo e va ben al di là delle puerili manovre diversive del governo.

Bisogna ricordare innanzitutto che la legge Fornero ci manda in pensione più vecchi e contemporaneamente più poveri, per effetto del sistema di calcolo contributivo: guarda caso, proprio all’inizio di questa legislatura, i senatori hanno ripristinato per le loro pensioni il sistema retributivo, dimostrando che per certe “categorie” si sta ben attenti alle conseguenze dei calcoli al ribasso.Ma che cosa accade per i lavoratori e le lavoratrici che rappresentiamo?Un’operaia metalmeccanica che ha iniziato presto a lavorare – e nelle regioni del nord manifatturiero ce ne sono tantissime – può ritrovarsi ad andare in pensione dopo i 60 anni, con ben 42 anni di fabbrica alle spalle (41 anni e 10 mesi, più tre mesi di finestra), con una pensione lorda che non supera i 1200 euro lordi. Prima della legge Fornero, sarebbe andata almeno due anni prima con 40 anni e, con il sistema retributivo, almeno con 1700 euro. Anzi, sarebbe potuta andare anche 4 anni prima con 38 anni e comunque avrebbe guadagnato più di oggi. I conti sono fatti a spanne, perché dipendono da tante variabili, ma il senso è chiaro: dobbiamo lavorare di più per prendere meno di pensione.Peraltro, il calcolo del sistema contributivo si fa su coefficienti che vengono rivisti automaticamente – sempre al ribasso – ogni 2 anni, per effetto dell’aumento dell’aspettativa di vita. Senza che nemmeno ce ne accorgiamo, tra 2024 e 2025, gli importi delle pensioni, a parità di età anagrafica e contributi versati, si ridurranno dell’1,5%: chi andrà in pensione a gennaio 2025 prenderà meno che se fosse andato a dicembre 2024.Insomma, il sistema è diabolico, profondamente iniquo e non c’è cosa peggiore della legge Fornero, di chi diceva di volerla abolire e poi invece la accetta, la conferma e la applica più di chiunque altro sia venuto prima.

Si accennava all’inizio alla legge di bilancio, che a breve dovrà essere approvata dal Parlamento e contro la quale Cgil e Uil hanno proclamato sciopero generale il 29 novembre: che cosa prevede in materia previdenziale?

Questa legge di bilancio conferma i tagli già operati precedentemente su quei meccanismi che, pur essendo lacunosi e parziali, consentivano di superare alcuni vincoli della ‘Fornero’. In particolare, in questi anni, il Governo ha reso inutile il sistema iniziato con quota 100 e ha demolito letteralmente ‘opzione donna’: ‘quota 103’ (62 anni di età e 41 di contributi) è diventata inutile, tra l’aumento del requisito anagrafico, il ricalcolo sul sistema contributivo (quindi un taglio netto sull’assegno di pensione) e l’aumento fino a 7 mesi (9 nel pubblico) delle finestre (cioè del tempo che passa tra quando raggiungi il diritto a andare in pensione e quando ti arriva il primo assegno da parte dell’INPS). ‘Opzione donna’, d’altra parte, è stata letteralmente demolita. Da sempre questa misura scontava l’ingiustizia del ricalcolo contributivo, ma ora è stata completamente snaturata con l’innalzamento dell’età anagrafica, in particolare per le donne che non hanno figli (61 anni), ma soprattutto con l’inserimento di clausole e paletti che la rendono più un ammortizzatore sociale che una forma di anticipo pensionistico (ne ha diritto solo chi è ‘care giver’ o ha una invalidità, oppure è stata licenziata nell’ambito di tavoli di crisi industriali). E per di più, anche quando hai raggiunto tutti i requisiti, hai 12 mesi di finestra! Surreale! Fatto sta che nel 2024, soltanto 1500 persone hanno fatto richiesta per ‘quota 103’ e soltanto 1200 per opzione donna.

Dimostrazione plastica che la legge Fornero non è stata affatto cancellata o ‘lenita’. Anzi…

Sì, se infatti aggiungiamo alla situazione già descritta il trattenimento in servizio per i dipendenti pubblici e gli incentivi che vogliono introdurre nella legge di bilancio per restare al lavoro, anche dopo che sono stati raggiunti i requisiti della cosiddetta pensione “anticipata”, si capisce benissimo che che questo Governo non soltanto non ha cancellato affatto la legge Fornero, ma anzi la sta applicando alla lettera, anticipando quello che è sempre il suo fine ultimo: cioè portare tutte e tutti a andare in pensione al raggiungimento dell’età anagrafica, cioè a 67 anni. Pensare che in Francia è stato messo a ferro e fuoco il paese per mesi per impedire che si arrivasse a 64 anni!

Vogliamo esplicitare meglio che cosa prevedono gli “incentivi” proposti dal governo?

Il ‘Bonus’ in questione prevede, se sarà approvato, di incentivare chi ha raggiunto i 42 anni e 10 mesi (1 anno in meno per le donne) a restare al lavoro fino a 67 anni di età: invece che versare il 9,19% per i contributi all’INPS, tale cifra resta in busta paga senza fare reddito, quindi senza essere tassata. Il meccanismo è perverso, perché introduce un ulteriore elemento di disuguaglianza: chi fa una professione meno pesante, potrà anche valutare l’opportunità, ma chi fa un lavoro più duro, come l’operaia dell’esempio di prima, non avrà mai questo lusso, perché ha già lavorato fin troppo. Senza contare che è un ostacolo per i giovani. Tenere al lavoro fino a 67 anni chi potrebbe andare in pensione, significa penalizzare chi ancora deve entrare. Peraltro, le imprese continuano a parlare di produttività, rivoluzione digitale, intelligenza artificiale… davvero pensiamo di affrontare queste sfide con ultrasessantenni? Insomma, soltanto un governo di cialtroni può passare dal promettere di abrogare la legge Fornero per andare tutti in pensione a 41 anni e finire invece a cercare il modo di convincere chi può a restare al lavoro fino a 67 anni.

Ultima novità proposta dall’Esecutivo, è la possibilità di usare il TFR ai fini del calcolo dell’assegno di pensione.

E’ surreale che, dopo aver reso le pensioni più povere, vengano a proporci di integrarle con il TFR, cioè, in pratica, di pagarcele noi. Detto che in un contesto di bassi salari, la maggior parte dei lavoratori e delle lavoratrici arriva a fine carriera avendo già usato il TFR per le spese necessarie per la casa o la salute. Qui però il punto non è soltanto che la misura è sbagliata… ma è proprio inutile, irrilevante e serve soltanto a alimentare la propaganda. La possibilità di usare il proprio TFR sarebbe prevista soltanto per chi, stando in un regime di calcolo interamente contributivo (cioè avendo iniziato a lavorare dopo il 1995), arrivato a 67 anni di età e 20 di contributi potrebbe accedere finalmente alla pensione, ma, se l’importo del suo assegno è troppo basso, deve ancora attendere e aspettare i 71 anni. Solo in quel caso, può usare il TFR per compensare e superare la soglia necessaria ad andare subito in pensione. La stima che è stata fatta è che questa circostanza possa riguardare non più di un centinaio di persone, che evidentemente guadagnavano molto poco, magari con il part time e comunque con percorsi lavorativi probabilmente molto discontinui. C’è da scommettere che anche il loro TFR, di conseguenza molto basso, sia già stato utilizzato ben prima di arrivare a fine carriera. Bisognerebbe piuttosto cancellarlo da capo a piedi questo meccanismo, che è forse il più perverso della legge Fornero e per il quale sono penalizzate proprio le persone più fragili e più povere. Già al traguardo dei 64 anni di età parte la fregatura: se l’importo della tua pensione arriva a 3 volte l’assegno sociale (oggi 1603 euro), puoi andare in pensione. Altrimenti, salti il giro e devi aspettare i 67 anni. Quando sei arrivato qui, se non puoi contare su un importo pari almeno all’assegno sociale, salti ancora e arrivi a 71 anni.

Insomma, un disastro preannunciato.

Meno guadagni, meno prenderai di pensione, più tardi potrai andare in pensione. Davvero è il mondo al contrario quello pensato dalla legge Fornero. E peggio di questo c’è solo chi non rispetta la promessa che aveva fatto di cambiarla radicalmente. 

Pubblicato il 13 Novembre 2024