Se 6 euro l’ora vi sembran tanti…
“Al meeting di Trento la Presidente del Consiglio ci ha spiegato che il salario minimo ‘è filosofia’, ripetendo quanto già aveva dichiarato a Rimini al nostro congresso nazionale; argomentando addirittura che battersi per quella misura sarebbe contro i nostri interessi…”. Giorgia Meloni offre dunque un involontario assist al principale sindacato italiano, osserva Eliana Como, inducendolo a rigettare le strumentalizzazioni agitate da Palazzo Chigi, che sfruttano platealmente alcune delle incertezze mostrate dalla Cgil nel corso del dibattito sulla “questione salariale”. Per anni, spiega la portavoce nazionale dell’area ‘Le Radici del sindacato’, “abbiamo infatti discusso sul fatto se venisse prima la riforma della contrattazione o il salario minimo; mentre i due aspetti non sono affatto in contraddizione”.
Si potrebbe replicare alla premier che l’unica filosofia buona è quella che porta alla mobilitazione sindacale…
Dobbiamo cogliere in primo luogo il segnale che la Fiom ha inviato a tutta la Confederazione, chiedendo di radicalizzare le iniziative per mettere in campo una mobilitazione che conduca allo sciopero generale. Su questo aspetto però non mi dilungo e rimando all’Ordine del giorno che abbiamo presentato il 5 giugno all’Assemblea generale Cgil (e che pubblichiamo a parte, ndr).
La madre di tutte le mobilitazioni, oggi, riguarda in primo luogo il tema salariale. Chiunque vada a fare la spesa si accorge che, a parità di carrello della spesa, spende il doppio rispetto ad un anno fa.
Sì, e non si può omettere che abbiamo già perso troppo tempo, facendoci trascinare sulla vicenda del cuneo fiscale come elemento-chiave per aumentare i salari. Al contrario, oltre ad essere una misura temporanea e insufficiente, non mette in discussione da dove vengano prese le risorse. Il tema è quindi un altro: occorre aumentare il salario lordo prendendo le risorse dai profitti, superando ogni ritrosia e chiamando in causa il convitato di pietra per eccellenza nelle discussioni sindacali: la Confindustria.
Quindi salario minimo da una parte e contrattazione dall’altra.
Esatto, come sta accadendo in Germania. Non dimenticando che in alcuni settori produttivi – quelli particolarmente, storicamente e strutturalmente deboli – siamo noi del sindacato a fare dumping, firmando contratti da 6 euro l’ora. Buon ultimo, si fa per dire, quello della vigilanza privata.
Giusto per capire meglio: tu lo avresti firmato?
Non è la mia categoria, non posso quindi dire come avrei condotto quella trattativa, certamente ostica. Ma credo proprio di no: non lo avrei firmato. Non si può firmare un salario a 6 euro. Un contratto nazionale definito incostituzionale dalla Cassazione va disdettato, non rinnovato.
Esiste quindi un grande problema nelle categorie più fragili, con ampie ripercussioni a livello generale…
Abbiamo da una parte il problema di non lasciare da sole le categorie più in difficoltà e dall’altra l’esigenza di spingere su una riforma della contrattazione capace di combattere a tutto tondo il dumping contrattuale, rivendicando soglie minime salariali sotto le quali non si possa andare, per legge. Soltanto in questo modo si può affrontare la lesione dei diritti agita dal “padroncino” tenendola insieme con la logica contrattuale stracciona imposta dalle grandi multinazionali, come quelle del portieraggio e della vigilanza. Tenendo sempre presente che quegli “stracci” volano poi addosso a tutti, sommergendo innanzitutto il sindacato; che non a caso è stato accusato di aver firmato un “contratto spazzatura” sulla vigilanza privata. Sta a noi, insomma, riprendere le redini di una battaglia sul modello contrattuale, disdettando appunto quei contratti considerati illegali sotto il profilo della dignità salariale.
Nel concreto, come bisognerebbe muoversi, da subito?
Costruendo una campagna di mobilitazione precisa, utile a confutare in primo luogo le gravissime affermazioni della Premier secondo cui sul salario minimo legale staremmo inseguendo una chimera filosofica e intrecciando poi le nostre rivendicazioni alle proposte di legge sul tema. Proprio per questa ragione, ‘Le Radici del Sindacato’ ha deciso di aderire al comitato di sostegno per la raccolta firme della legge di iniziativa popolare sul salario minimo orario a 10 euro, promossa da Unione Popolare. Nei prossimi mesi saremo ai banchetti a raccogliere firme e apriremo una campagna di informazione e mobilitazione sul salario minimo.
Va dunque ripresa la mobilitazione, anche territoriale, sul salario per volgere lo sguardo sullo “stato di salute più generale” delle lavoratrici e dei lavoratori.
Gli effetti della questione salariale si sentono maggiormente nelle categorie più fragili ma vanno inevitabilmente ad incidere sulle lavoratrici e sui lavoratori nella loro globalità. All’ultimo nostro Direttivo nazionale, il Segretario Generale ha osservato che “un contratto è valido quando lo votano i lavoratori”. A Landini vorrei però replicare che, pur difendendo noi strenuamente il principio che vede protagonisti i lavoratori nella validazione dei contratti per mezzo del loro voto… sarebbe grave se pensassimo di lavarci la coscienza delegando loro la facoltà di votare un’intesa da 6 euro l’ora, come dovrebbe appunto accadere sul contratto della vigilanza.
Paolo Repetto
Pubblicato il 13 Giugno 2023