Trasformare la rassegnazione in voglia di riscatto
Dopo le tre grandi manifestazioni indette dalla CGIL a Bologna, Milano e Napoli, oggi siamo a calendarizzare le prossime mobilitazioni per aver risposte da questo governo; che, in continuità con quelli degli ultimi trent’anni, continua a colpire, con provvedimenti iniqui, le fasce più deboli della popolazione.
Non sarà semplice – considerando la deriva a destra del Paese – riuscire a raggiungere i nostri obiettivi, ma, per almeno provarci, occorre riconquistare credibilità, trasformando la rassegnazione delle lavoratrici e dei lavoratori in voglia di riscatto.
Abbiamo da poco concluso il XIX Congresso nazionale, durante il quale il dibattito è stato incentrato sui salari e sul potere di acquisto dei lavoratori e delle lavoratrici. Negli ultimi trent’anni l’Italia è stato l’unico Paese OCSE in cui sono diminuiti i salari e i servizi mentre è aumentato il costo della vita. Con cinque milioni di lavoratori e lavoratrici che vivono a ridosso della soglia di povertà, cui va aggiunta una vasta platea di giovani che vengono sfruttati con contratti pirata o con lavori al nero. Il tutto mentre le grandi aziende, indisturbate, sono impegnate a dividersi miliardi di euro di profitti.
E’ in questo contesto che dobbiamo collocare l’ipotesi di rinnovo del CCNL dei servizi di vigilanza e dei servizi fiduciari, scaduto da sette anni e dichiarato anticostituzionale pochi mesi fa da diversi tribunali, poiché confinava i lavoratori in stato di povertà; altrimenti le valutazioni ne uscirebbero distorte e prive di collocazione sociale.
Da anni è in corso una frammentazione scientifica del mondo del lavoro, con oltre mille CCNL depositati al CNEL, con il suo servizio di vigilanza che ne mette in luce le grandi contraddizioni.
Gran parte dei lavoratori interessati dal CCNL vigilanza sono impiegati in servizi di portierato nelle fabbriche delle grandi multinazionali, nei varchi doganali, nei varchi aeroportuali, nei centri commerciali: ovvero in tutti quei settori in cui i profitti sono alti e le condizioni di chi lavora pessime.
E’ evidente che l’ipotesi di accordo di rinnovo di quel CCNL non è sufficiente a togliere quei lavoratori da condizioni di marginalità e questa è la naturale conseguenza del fatto che negli ultimi anni abbiamo abbandonato l’obiettivo della ricostruzione delle filiere produttive, continuando a rincorrere i ricatti delle associazioni datoriali e non riuscendo – a livello confederale – a creare un “modello contrattuale” adeguato alle esigenze dei lavoratori e delle lavoratrici di oggi.
Perciò dobbiamo mettere al centro della contrattazione un salario minimo sotto al quale non possiamo contrattare, e questo occorre farlo sia come modello confederale sia come rivendicazione per una norma di legge che stabilisca una base di paga oraria al di sotto della quale nessun contratto di lavoro può scendere.
Se davvero la CGIL vuol farsi carico di trasformare lo stato di cose presente, c’è bisogno di altro; non di rinnovi contrattuali che di fatto legittimano un sistema di lavoro basato sulla lotta al ribasso e sullo sfruttamento.
Valerio Melotti
Delegato Rsu CGT Livorno; Assemblea nazionale CGIL
Pubblicato il 13 Giugno 2023