Ucraina, la guerra al bivio
La strategia di Biden è quella di una guerra prolungata per fiaccare la Russia (come ha spiegato, per dividerla in almeno tre Stati) e l’Europa, lavorando per una sua disintegrazione (a partire dalla Brexit, già realizzata, e dai Paesi dell’est).
L’obiettivo di Biden è un “cambio di regime” a Mosca, una potenza atomica (6.000 testate), superando il tabù della dissuasione nucleare (la cosiddetta “distruzione mutua assicurata”) per affrontare la Cina e dominare il mondo con destabilizzazioni belliche, finora regolarmente sconfitte (ex Jugoslavia, Afghanistan, Iraq, Libia, Siria). Biden, dopo aver ripetutamente dissuaso l’Ucraina da qualsiasi trattativa, per combattere il declino statunitense come potenza mondiale unipolare, sta organizzando una superNATO mondiale, estesa al Pacifico dove ha intrapreso esercitazioni militari in Australia per minacciare la Cina, e non presenta finora alcuna ipotesi di uscita dal conflitto ma ha chiesto agli alleati l’aumento delle spese militari dal 2 al 4% del Pil. Ciò ha incoraggiato il bellicismo della Polonia e favorito l’oltranzismo di Zelenskyj, che ha rifiutato ogni trattativa, annunciato la controffensiva di primavera per riconquistare Donbass e Crimea, dopo aver proposto la “no fly zone” e invocato l’uso di atomiche contro la Russia, sostenendo addirittura che “Questa guerra non finirà così, scatenerà la guerra mondiale”. Non si parla più di far cessare il conflitto, ma di vittoria, con costi umani ed economici incalcolabili. La prima vittima politica della escalation a guida angloamericana è l’Unione Europea. Ad ogni pronunciamento della Nato, di Londra e di Washington, la possibilità di un compromesso si fa sempre più evanescente, o addirittura impossibile. Il sottosegretario britannico alla difesa James Heappey ha suggerisce agli ucraini di usare le armi pesanti ricevute dall’Occidente per colpire obiettivi in territorio russo, cosa che è appunto avvenuta, con droni che si sono avvicinati a Mosca, mentre il segretario alla Difesa americano Lloyd Austin sostiene, in modo del tutto illogico, che l’attacco russo minaccia non solo l’Ucraina ma l’intera Europa, muovendo un passo ulteriore verso l’ipotesi della “guerra totale”. Gli Stati Uniti hanno proposto una nuova Norimberga per giudicare Putin come criminale di guerra, ma ignorano, giudicandole giuste, tutte le innumerevoli guerre aggressive che sono state promosse da tutti i presidenti americani, nessuno escluso.
Oggi il divario fra interessi europei e statunitensi è netto. L’Ostpolitik tedesca, che ha facilitato l’ingresso dei paesi dell’Est ha conseguito l’effetto di paralizzare la UE, con Biden che ora va in Polonia e si rivolge particolarmente alla “Nuova Europa” bellicista e fortemente antirussa come ad una propria affiliazione, che preme e condiziona la parte occidentale, rimasta senza voce e pressata dalle intemperanze della parte orientale, impedendole di avere una posizione autonoma e vincolandola ai propri obiettivi, che sono particolarmente penalizzanti per l’Europa che viene colpita dalle proprie sanzioni assai più della Russia e il conto da pagare è salatissimo, un vero e proprio incubo, che peserà a lungo sulle famiglie italiane con bollette, disoccupazione e razionamenti vari.
Se l’obiettivo di Biden e dei neocons statunitensi è quello di impedire, anche con la guerra, il sorpasso economico e tecnologico della Cina (col blocco di Huawei e del TikTok, delle matrici per i chip e della Via della seta), quello più immediato è di creare un baratro fra l’integrazione delle economie russa e l’UE, già in crescita e che minacciava di essere la prima al mondo, col sabotaggio dei due Nord Stream che è un vero e proprio atto di guerra che la UE ha subito passivamente. Resta comunque inspiegabile l’accanimento fanatico e masochistico dell’Europa, a partire dalle farneticazioni della Von der Leyen, che sollecita continue nuove sanzioni che fanno male assai più all’Europa, e soprattutto all’Italia, che alla Russia, decidendo l’invio di nuove armi più potenti proprio nei giorni della memoria della shoah, con un rapido ingresso nella UE e nella NATO d’un paese che ha più di 30 armate dichiaratamente naziste. Al G20 di Nuova Dehli Blinken ha respinto la proposta di mediazione cinese, rifiutando ogni trattativa e minacciando sanzioni anche a Pechino in caso di sostegno alla Russia e il vertice s’è concluso senza poter concordare un comunicato finale.
Appare quasi strano che, a fronte degli atteggiamenti bellicisti dei politici, siano proprio gli esponenti militari che sono ormai molto più pacifisti dei politici e della stampa di regime e dimostrano una visione più corretta e di buon senso della guerra e le polemiche in corso negli Stati Uniti mostrano che siamo di fronte ad un vero e proprio bivio rispetto alle prospettive della guerra.
Il capo di stato maggiore congiunto statunitense Mark Milley sostiene, in opposizione alle tesi di Biden e dei neocon, che occorre negoziare la pace il prima possibile, perché questa guerra non può essere vinta da nessuno e che, più si va avanti, più aumenta l’altissimo rischio nucleare. “La Russia non può (se mai l’ha voluto) prendersi l’intera Ucraina e l’Ucraina non può riprendersi i territori invasi dalla Russia, perché è già ridotta malissimo e sarà sempre peggio. È un dato che rimane costante nel tempo. Non esiste una soluzione militare”. Anche il Rand (Research and Development), un organismo molto importante fondato dall’esercito americano e generalmente favorevole alle soluzioni militari, ha recentemente pubblicato un documento in cui sostiene che per gli interessi Usa è bene che la guerra finisca al più presto per il rischio inaccettabile di un conflitto diretto della Nato e degli Stati Uniti con la Russia e di una conseguente guerra nucleare. Un analogo giudizio è stato avanzato alla Stampa dal capo di Stato maggiore della Difesa italiano, l’ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone, che teme una crescente “escalation” degli armamenti, con l’impiego di caccia e missili a lunga gittata e persino testate nucleari, ribadendo un giudizio già espresso da quasi tutti gli ex-generali italiani del comando NATO in Bosnia e dell’ambasciatore Sergio Romano: la guerra deve finire subito e occorre rendersi conto che in nessun modo l’Ucraina tornerà intera, dovrà cedere i territori del Donbass per cui l’Occidente deve rinunciare all’illusione di una vittoria ucraina, perché non ci sarà alcuna sconfitta russa, per il semplice motivo che, a Mosca, né Putin né chiunque altro al suo posto, di qualsiasi orientamento politico fosse, potrà permettersi di perdere la guerra, come l’Occidente proclama, anche a costo di ricorrere ad un conflitto atomico, perché è una questione di sopravvivenza del Paese. Ne fa testo il ritiro di Mosca dall’accordo New Start sul nucleare.
Dunque, come ha spiegato Papa Francesco, la Terza guerra mondiale è già iniziata ed è del tutto evidente il rischio che possa sfuggire al controllo, con esiti catastrofici, e se non riusciremo a fermarla con la mobilitazione dell’opinione pubblica, è sempre più probabile che sfoci in un conflitto nucleare, ricordando che a Ghedi sono presenti 100 ordigni nucleari statunitensi ed altri sono schierati ad Aviano e questi sarebbero naturalmente i primi obiettivi del possibile conflitto. L’Italia dovrebbe, anziché inviare sempre nuove armi, lavorare per un processo di pace.
L’Unione Europea non può certo trovare la pace perseguendo il riarmo, ma solo riconoscendo che i propri interessi non coincidono con quelli statunitensi di controllo unilaterale mondiale e proponendo una composizione del conflitto che non sia percepita come una sconfitta epocale né a Kiev né a Mosca e dunque occorre ristabilire le condizioni di una cooperazione con la Russia che è parte della cultura europea e ci è geograficamente ed economicamente vicina.
Giancarlo Saccoman
Pubblicato il 20 Marzo 2023